Macerata - Ci sono delle belve venute dalla Sicilia dietro la drammatica morte di Pietro Sarchiè. Grande tempestività dell'azione investigativa dopo il ritrovamento del cadavere del
commerciante di pesce sambenedetttese ucciso con un colpo di pistola alla nuca e bruciato prima di sotterrarlo.
Un uomo, Giuseppe Farina, 40 anni, catanese, è indagato per presunto omicidio e
soppressione di cadavere.
Indagato in concorso per l'occultamento di cadavere e favoreggiamento è Santo Seminara. Si tratta del marito della titolare dell’azienda edile di
Castelraimondo nel cui capannone i carabinieri hanno trovato, tra le
altre cose, tracce di sangue e un santino della madre di Sarchiè. Secondo gli inquirenti il movente del delitto potrebbe essere stato
proprio un problema legato al controllo del mercato locale della vendita di pesce, dove Sarchiè
aveva clienti da decenni.
Ci sono altri due indagati per favoreggiamento: due coniugi nella cui
abitazione, in particolare in una stufa, i militari hanno trovato parti
metalliche ritenute essere del furgone di Sarchiè. Tre di loro sono
stati sentiti ieri fino a notte inoltrata dal procuratore capo Giovanni
Giorgio e dai carabinieri nella caserma di Castelraimondo.
A ore dovrebbero essere emessi dalla magistratura maceratese i decreti di
fermo.
Sarchiè, secondo i risultati dell''autopsia eseguita oggi, sarebbe stato
raggiunto da 6-7 colpi di pistola, concentrati nella zona della spalla sinistra
oltre a quello, mortale, alla nuca. Con tutta probabilità il commerciante stava tentando di fuggire perché tutti i colpi lo hanno colpito da dietro. Poi, come in un'esecuzione, è stato finito con un colpo alla nuca.
Ieri le indagini dei
carabinieri del Reparto operativo, coordinati dal colonnello Bertini, hanno avuto un'accelerazione che ha portato al sequestro di un capannone industriale a Castelraimondo. Al suo interno
sarebbero state trovate parti del furgone di Sarchiè che non è mai stato trovato, forse l'automezzo è stato smontato e riconvertito proprio all'interno di quel capannone.