ASCOLI PICENO - "Ritengo
fortemente lesivo della mia dignità, oltre che falso e talora
incompleto e tendenzioso quanto pubblicato in questi giorni sul mio
conto".
E'
quanto dichiara Mons. Giovanni D'Ercole, vescovo di Ascoli Piceno in
merito a quanto riportato dal sig. Caudio Pappaianni nell’articolo
pubblicato sull’Espresso online il 19.6.2014 con il titolo “Così il
Monsignore premeva per mettere le mani sulla ricostruzione”, ripreso da
altri siti.
Prosegue
D'Ercole: "Innanzitutto il sottoscritto non è mai stato
indagato e poi assolto “per favoreggiamento e truffa per i cosiddetti
fondi Giovanardi”. Si tratta d’una notizia falsa e del tutto destituita
di ogni fondamento. Per la verità dei fatti, il sottoscritto fu indagato
per aver rivelato notizie apprese nel corso dell’interrogatorio come
persona informata dei fatti. E cioè che qualcuno, tra quanti
collaboravano con me, avrebbe avuto l’intenzione di fare una truffa. Io
dissi al PM che non potevo tacere se c’era questo pericolo e il PM mi
pregò di non farlo, senza impormi il silenzio a termini di legge.
Rinviato a giudizio con rito abbreviato sono stato assolto “perché il
fatto non costituisce reato”. Avendo il PM fatto appello, in appello il
vice Procuratore Generale ha chiesto egli stesso l’assoluzione perché
“il fatto non sussiste”. Insomma, a ben vedere, ho patito questo
calvario per aver detto a una persona di non rubare".
Ancora
D'Ercole: "Quanto alla vicenda della lettera al Presidente Letta, si
tratta di una iniziativa di tutti i vescovi dell’Abruzzo perché nella
Legge Barca manca un chiaro riferimento alla ricostruzione degli edifici
ecclesiastici vincolati e non. Tutti i vescovi, compreso l’Arcivescovo
di l’Aquila (contrariamente a quanto scritto dal giornalista) hanno
firmato incaricandomi di seguire la pratica, consultando vari esperti in
materia tra i quali il Dr. Luciano Marchetti, fino a poco prima Vice
Commissario per la ricostruzione dei beni ecclesiastici.
I vescovi
dell’Aquila (dove insiste la gran parte del patrimonio artistico) hanno
voluto che nella norma fosse espressamente detto – e così recita il
testo – “che per i finanziamenti e le gare di appalto potevano ( e
avrebbero così voluto fare) delegare la Direzione Regionale dei Beni
Ambientali e Culturali, il Provveditorato alle Opere Pubbliche e i
Comuni”.
Perché non è interesse dei Vescovi gestire i soldi e gli
appalti, ma fare tutto il possibile perché le Chiese possano essere
ricostruite il più rapidamente possibile. Se questo è “mettere le mani
sulla ricostruzione”, lascio giudicare a chi non vede le cose con occhio
preconcetto e malanimo.
Se poi altri avevano intenzioni diverse, e sarà
compito della magistratura approfondire, non si può imputare ai
Vescovi, e a me in particolare. Presentando i fatti in maniera
incompleta si rischia di trasformare un gesto di amore per la gente in
qualcosa di losco e poco pulito. Ed io sono personalmente stanco di
essere così trattato, come cioè un intrallazzatore e non un pastore che
prende a cura le sue pecore".