Liste d'attesa, Programmi attuativi aziendali da adottare entro 60 giorni

Liste d'attesa, Programmi attuativi aziendali da adottare entro 60 giorni

Cgil : 'Ci risulta che il solo INRCA lo abbia adottato formalmente'

Programma finalizzato a garantire un appropriato accesso dei cittadini ai servizi sanitari.
Entro 60 giorni dovevano essere adottati i Programmi Attuativi Aziendali coerenti con il suddetto “Piano regionale”.
Ad oggi, sulla base della ricerca effettuata, ci risulta che il solo INRCA abbia adottato formalmente ( Determina del Direttore Generale n. 513 del 16 settembre 2011) il Programma Attuativo Aziendale.
Saremmo felici di essere smentiti con la pubblicazione e pubblicizzazione degli atti adottati dalle altre Aziende del Servizio Sanitario Regionale – ASUR compresa.
Va ricordato che con detto Programma ogni Azienda doveva recepire e determinare i tempi massimi di attesa così come individuati nel Piano approvato dalla Giunta Regionale e prevedere le misure da adottare in caso di superamento degli stessi tempi senza oneri aggiuntivi a carico degli assistiti, se non quelli dovuti come eventuale quota per la  partecipazione alla spesa ovvero il ticket.
Ciò sta a significare che se le strutture individuate dai “Programmi Attuativi Aziendali” non assicurano le prestazioni nei tempi di attesa stabiliti al cittadino, costretto a ricorre alla prestazioni a pagamento, è richiesto solo il pagamento del ticket (sempre se dovuto) mentre il costo della prestazione viene posto a carico della struttura pubblica.
Si aggiunga che la delibera della Giunta Regionale prevedeva la pubblicizzazione attraverso gli Uffici relazioni con il pubblico (URP) dei “tempi di attesa” e l’obbligo, sempre in capo alle Aziende del Servizio sanitario regionale, di incontrare periodicamente le associazioni di cittadini e di tutela, cosa che non ci risulta sia mai avvenuta.
È evidente la gravità della mancata adozione dei Programmi Attuativi Aziendali in quanto vengono vanificati gli effetti del Piano regionale con ricadute dirette sui cittadini che si vedono costretti a sostenere l’intero onere di spesa nel ricorrere alle prestazioni in regime di libera professione, per di più in un momento di grave crisi economica che sta falcidiando il
reddito delle famiglie.
Infine, c’è da rilevare che da tempo la Regione Marche disattende una specifica previsione contrattuale. Nonostante le rinnovate richieste delle organizzazioni sindacali di categoria ad oggi la regione non ha reso disponibili le risorse previste per il finanziamento di specifici progetti con obiettivi di riduzione delle liste di attesa e di ampliamento degli orari delle strutture.

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