Dopo un ricordo del sindaco Guido Castelli, che a nome della città a ribadito le condoglianze ai familiari, la figura di “Gianni” Lattanzi è stata disegnata al folto pubblico, presente nella sala del Consiglio comunale per l'ultimo saluto, dal senatore Guido Calvi, dagli avvocati Mauro Gionni, Alessio De Vecchis (entrambi discepoli dell'avvocato Lattanzi), Francesco Marozzi (presidente dell'Ordine degli Avvocati), Vittorio D'Angelo (presidente della Camera penale picena). «E' difficile – ha detto Calvi – in una breve sintesi dire chi fosse Giangiacomo Lattanzi, data la sua poliedricità: avvocato, giurista, parlamentare della Repubblica, attore.
Era uomo rispettoso delle regole. Basti pensare che mentre era stato nominato giudice della Corte Costituzionale allargata nel processo Lockheed (per i "Giudizi di Accusa" a carico dei Ministri Gui e Tanassi e di cinque "laici" (1977-1979) non ha mai parlato con me o con altri colleghi di cosa accadesse in quel processo. Per il suo impegno politico parlano per lui le importanti proposte di legge presentate per il territorio in Parlamento».
I 15 anni che l'avvocato Mauro Gionni ha trascorso accanto all'avvocato Lattanzi nel suo studio, fianco a fianco nella preparazione dei processi penali, che continuava anche nei i lunghi viaggi in auto, raccontati come brevi filmati di vita, hanno fatto scoprire lati curiosi, pregnanti che hanno reso notevole questo personaggio che, nei rapporti con tutti, era un uomo ... “normale”, sempre attento ai bisogni degli altri.
Ritratto ribadito da una sorta di “triangolo equilatero” ideale tracciato da Alessio De Vecchis: « L'avvocato Lattanzi era dignità, rispetto e disciplina».
Mai sintesi fu più azzeccata. Frutto di vita di studio professionale e esperienza da “servo di scena” in teatro a fianco del suo mentore in quelle atmosfere. Quella di calcare la scena è la “promessa non mantenuta” da parte di un uomo, un professionista ammirato.
Vittorio D'Angelo la confessa al pubblico della Sala della Ragione. «Avevo chiesto all'avvocato Lattanzi – dice D'Angelo – di farmi fare una parte in una produzione della Compagnia del Capannone. Mi aveva guardato con lo sguardo di chi sembrava voler dire … “ mo pure questo vuole recitare ...”. «Gianni Lattanzi era uno che non si dava mai per vinto – racconta Francesco Marozzi – nella professione, nell'impegno politico.
L'esempio di questa suo carattere lo si può prendere a prestito da certe sere trascorse con alcuni amici che puntualmente finivano con la classica partita a Tressette. Uno di questi, quando vedeva che la situazione era irrecuperabile, gettava le carte in tavola e esclamava: “la partita è finita”. Bene, Gianni Lattanzi non ci stava e faceva riprendere il gioco dimostrando spesso che le sorti potevano essere capovolte».
E' quasi con certezza che possiamo dire che Gianni Lattanzi avrebbe voluto il commiato dei suoi concittadini proprio con questi toni che hanno reso meno dolorosa una scomparsa difficilmente colmabile per quanti l'hanno conosciuto. La sua memoria in ogni caso resterà nella vita di ognuno di noi.