Lo sviluppo di queste comorbilità e la mancanza di una diagnosi tempestiva sono la causa di un elevato utilizzo di risorse sanitarie. Diversi studi hanno dimostrato che i pazienti con Sindrome di Sleep Apnea, prima di essere diagnosticati e curati, generano costi sanitari superiori rispetto alla popolazione generale.
In 10 anni i soggetti malati con patologia non diagnosticata e quindi non curata, consumano il doppio delle risorse sanitarie per visite mediche ed esami diagnostici rispetto a chi non ha la sindrome. Una volta effettuata la diagnosi e avviato il percorso di cura, i costi per paziente si riducono significativamente già nei primi due anni di cura1.
In Italia i costi sanitari (per ospedalizzazioni, accertamenti diagnostici e farmaci) dei pazienti affetti da Sleep Apnea calcolati su tutta la popolazione non trattata sono stimabili tra 1,5 e 3 miliardi di euro2.
Oltre ai costi sanitari diretti, ovvero il consumo di risorse per la diagnosi e cura di una patologia, le sindromi di Sleep Apnea generano sia importanti costi diretti non sanitari sia elevati costi indiretti che impattano sul sistema economico nel suo complesso.
Un esempio di costi indiretti associati alla Sleep Apnea sono i costi causati da incidenti stradali attribuibili a pazienti affetti da Sleep Apnea. Questi pazienti hanno un rischio almeno doppio di essere coinvolti o causare incidenti stradali e, secondo un gruppo di ricercatori del CREMS (Centro di Ricerca di Economia e Management della Sanità), i costi associati a questi eventi ammontano in Italia a circa 800 milioni di euro. La diagnosi e il corretto trattamento di questi pazienti consente di ridurre il rischio di incidenti stradali che si riduce al livello della popolazione generale.
Secondo le stime dei ricercatori del CREMS, individuare e trattare fino al 75% dei pazienti consentirebbe di risparmiare fino al 50% della spesa sanitaria attualmente sostenuta per i pazienti affetti da Sleep Apnea ovvero 1,6 Miliardi di euro/anno.
Alessandro Capucci / Professore di Cardiologia presso l’Università Politecnica delle Marche (AN), Direttore della
Clinica di Cardiologia e della Scuola di Specialità in Malattie dell’apparato cardiovascolare
Esiste una correlazione tra Sleep Apnea e malattie cardiache?
È stata dimostrata una correlazione significativa tra Sleep Apnea e alcune malattie cardiache. Ad esempio, l’ipertensione arteriosa si accompagna alla Sleep Apnea nell’80% dei casi, mentre lo scompenso cardiaco, le aritmie ed in particolare la fibrillazione atriale nel 50% dei casi. Inoltre il 35% di pazienti che hanno una cardiopatia ischemica soffrono anche di Sleep Apnea. Esiste quindi un rapporto stretto, non necessariamente di tipo causa-effetto, ma senz’altro di cattiva vicinanza.
Da quanto si è visto fino ad ora, se ad esempio consideriamo il paziente con cardiopatia ischemica, è chiaro che spesso si tratta di una persona che ha il diabete, che soffre di ipertensione, che è in sovrappeso (un peso eccessivo è infatti fortemente legato all’Apnea Ostruttiva) e soprattutto in età più avanzata ha comorbilità legate a bronco-pneumopatie, tutti fattori relati alla Sleep Apnea. È quindi logico pensare ad un rapporto, ad un interscambio, anche se io prenderei questi dati non tanto come una possibile causa della patologia, bensì come una fonte di aggravamento.
Qual è la fotografia del paziente portatore di pacemaker affetto da Sleep Apnea?
Per quanto riguarda i portatori di pacemaker, generalmente si tratta di pazienti di età media elevata e questo è rilevante perché l’età è uno dei fattori che si accompagnano a un’aumentata incidenza di Sleep Apnea. Si è visto in alcune casistiche che, per quanto riguarda la sindrome del nodo del seno (una delle cause maggiori di impianto di pacemaker), si arriva a un’incidenza di Sleep Apnea pari al 59%. Parliamo di valori estremamente elevati, non c’è dubbio che i pazienti portatori di pacemaker hanno il 50% di probabilità di riscontrare una Sleep Apnea di qualunque tipo e, di questi, uno su quattro riscontra una forma severa della patologia.
Quanto la Sleep Apnea incide sui pazienti portatori di pacemaker e quali sono i rischi ?
Essendo una sindrome sottodiagnosticata, avere un sistema che possa aiutare nella valutazione della diagnosi è solo un vantaggio, non sfruttarlo al contrario è svantaggioso. Un paziente che ha un pacemaker può contare su un sistema che attraverso semplici algoritmi è progettato per valutare la Sleep Apnea notturna, monitorandola anche per un lungo periodo di tempo. Avere impiantato un pacemaker che non offre questa funzione toglie quindi a un paziente su due la possibilità di intervenire su una patologia reale che, nei casi severi, richiede l’impiego della CPAP, la maschera da utilizzare durante la notte che può cambiare effettivamente il decorso della malattia.
Perché la vita media del paziente con Sleep Apnea portatore di pacemaker può calare drasticamente?
La Sleep Apnea severa, che determina in media più di 30 apnee all’ora, si accompagna a prognosi di mortalità superiori del 5-10% a 2-5 anni dalla diagnosi iniziale. La mortalità è sempre difficile da valutare, è necessario farlo caso per caso. In linea di massima una Sleep Apnea molto severa porta ad una saturazione d’ossigeno con un conseguente aumento delle catecolamine circolanti, che determinano un aumento della pressione arteriosa media anche durante la notte, quando normalmente si riduce per dare modo al fisico di recuperare energie. In sostanza questa patologia obbliga l’individuo a lavorare ad un livello di energia superiore e ad un consumo più rapido delle sue risorse. Proprio come un motore che, girando sempre a un numero di giri elevato, si rompe prima di un motore che viaggia ad un numero di giri inferiore.