ARQUATA DEL TRONTO - «Siamo davanti ad un programma complesso che non prevede solo demolizioni selettive e smontaggi controllati ma che passa anche attraverso il recupero di beni di valore e delle strutture storico/architettoniche di pregio. Un’opera strategica e necessaria per avviare la ricostruzione dei borghi più devastati dal sisma, in cui abbiamo predisposto al meglio ogni passaggio, compresa la relativa cernita dei materiali e la parte relativa al trattamento delle macerie».
Così l’assessore regionale alla ricostruzione Guido Castelli sul piano redatto dall’Ufficio Speciale Ricostruzione, atto a predisporre le operazioni di ripartenza post terremoto nei luoghi del cratere marchigiano dove il danno è stato maggiore. E dove quindi, di conseguenza, intervenire si è rivelato molto complicato.
Parliamo di Visso, Ussita, Pieve Torina e Castelsantangelo sul Nera e, nel Piceno, di Arquata, il luogo simbolo della tragedia del 24 agosto 2016.
Proprio ad Arquata, oggi, si è svolto l’ultimo sopralluogo prima della partenza dei lavori che riguarderanno il centro storico del borgo e prevedono la demolizione totale o parziale, lo smontaggio controllato e alcune messe e in sicurezza per 24 edifici, nonché la realizzazione di una strada provvisoria di accesso al cantiere.
Sul posto i tecnici di Usr, Comune e della ditta che procederà all’allestimento del cantiere. Definiti, dunque, tutti i dettagli organizzativi, compresa la data di partenza.
«Ribadisco: si tratta di un’operazione fondamentale per dare il là al processo di riconfigurazione dei borghi, in particolare quello di Arquata -continua Castelli-. Le operazioni, qui, prenderanno il via lunedì 22 agosto. Questi interventi pianificati dall’Usr, che riveste il ruolo di soggetto attuatore, riguardano il capoluogo ed hanno un costo di 2.824.639 euro».
Capitolo macerie. A livello numerico, è stato stimato un volume complessivo di oltre di 7.400 metri cubi di macerie pronte a essere lavorate, trasportate e recuperate/smaltite, un peso complessivo che si aggira intorno alle 11.895 tonnellate.
C’è una differenza fondamentale rispetto alla fase immediatamente successiva all’emergenza, quando le macerie venivano trattate come rifiuto urbano e trasportate in appositi piazzali allo scopo realizzati, in cui si provvedeva alla cernita ed allo smaltimento dei singoli materiali. Gli elementi di pregio vincolati dalla Sovrintendenza sono stati imbancati e accatastati in aree prese in affitto, per le quali tuttora si continua a pagare il canone.
«Nel piano dell’Usr, invece, tutte le demolizioni verranno affidate ad una serie di ditte specializzate che agiranno sul posto per la cernita dei materiali (ferro, legno etc etc), che verranno selezionati e trattati dunque come “rifiuti da demolizione” -prosegue Castelli-. Importante la parte relativa al materiale vincolato dalla Sovrintendenza, che verrà collocato nell’area di sedime di ogni immobile demolito. Questi elementi degni di recupero (archi, statuine ed altro) rimarranno in loco e dovranno obbligatoriamente essere riutilizzati nella fase di ricostruzione. Si eviterà così di creare nuove aree di deposito come quelle esistenti, nuovi canoni a carico dello Stato e soprattutto si avrà certezza di riutilizzarli. Il materiale lapideo di risulta verrà trasportato nell’impianto della ditta esecutrice, che si occuperà del riciclo sulla base della vigente normativa in materia».
«Durante le operazioni verrà allestita anche una zona destinata i proprietari degli immobili, che così avranno modo di assistere e partecipare ad ogni passaggio -conclude Castelli-. In relazione alle ditte specializzate coinvolte nel piano, l’Usr procederà ad invitare le ditte iscritte nell’elenco della SUAM regionale, che in gran parte risultano essere marchigiane o di zone limitrofe».