e di un assegno donato al Papa di centomila euro, è stato condannato. Sabato 6 ottobre, il tribunale vaticano lo ha condannato a tre anni di reclusione ridotti poi a 18 mesi con le attenuanti, più le spese processuali.
Si è conclusa così la quarta ed ultima udienza del processo. E’ stato il Presidente del Tribunale Giuseppe Dalla Torre a leggere la sentenza con la formula “In nome di Sua Santità Benedetto XVI….”
“E’ una buona sentenza, equilibrata” – ha commentato l’avvocato difensore Cristiana Arru – che ha ora tre giorni di tempo per proporre appello.
L’ex maggiordomo che era fino ad oggi ai domiciliari dovrebbe scontare la pena in un carcere italiano. “E’ concreta – dice Padre Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana – la grazia che Benedetto XVI potrebbe concedere, perchè – ha concluso Padre Lombardi – questo rientra nei suoi poteri anche se non c’è una formale richiesta”.
Il Presidente del Tribunale Dalla Torre, nel momento in cui ha chiesto all’imputato se si ritenesse colpevole o innocente si è sentito rispondere da Paolo Gabriele “Sento forte in me la convinzione di aver agito per amore viscerale per la chiesa di Cristo e per il suo capo visibile – il Papa – non mi sento un ladro ”.
La condanna di Paolo Gabriele non esaurisce l’inchiesta che stanno conducendo tre cardinali su richiesta del Papa e che riferiranno direttamente a lui. Un lavoro riservato che si concluderà con una serie di sanzioni sostanziali. Basterà tenere d’occhio tutti i movimenti interni alla Curia romana nei prossimi mesi.