Ma il metodo potrebbe essere un primo passo anche per una riflessione sul ruolo che ha il Piceno nell’ambito della Regione Marche, della cui politica l’organizzazione sanitaria è l’espressione più manifesta.
Una riflessione che ho fatto domenica scorsa in occasione della rievocazione della battaglia di Castelfidardo, del 18 Settembre 1860, dove ho avuto l’onore di partecipare in rappresentanza della nostra Provincia.
Quella storico giorno, oltre che campale data perché poi prendesse corpo l’unità nazionale, è anche considerato il principale viatico perché nascesse la Regione Marche, prima questa , sotto lo stato pontificio, diviso in tante unità amministrative particolarmente indipendenti.
E mi chiedo se in 150 anni la Regione Marche sia riuscita a costruire un senso di appartenenza, se all’interno di confini amministrativi che vanno dal Conca al Tronto esista un sentire comune, una politica omogenea, equa attenzione per le varie province, soprattutto di confine, se l’episodio della diaspora della Val Marecchia sia stato solamente un incidente di percorso.
Quel sentire l’altro giorno: “Complimenti siete venuti fin da laggiù”, quale sincero apprezzamento per la nostra domenicale trasferta, credo che non sia casuale. Il Piceno, soprattutto dopo l’imposta divisione con Fermo, avverte profondamente questo distacco, questa distanza non solo dal capoluogo regionale ma anche dal contesto marchigiano. E non è solo questione geografica o di diverso vernacolo,costumi, abitudini ma di una situazione oggettiva data da una scarsa attenzione della politica marchigiana, o meglio quest’ultima è figlia, forse, della prima condizione.
Potremmo compilare una casistica a mò di elenco telefonico ma basta andare a braccio e ricordare ad esempio l’umiliante vicenda del balletto dei direttori ASL,che hai brillantemente ricordato in questi giorni, i tagli alla cultura per Ascoli Piceno, la storia del quadrilatero per l’Umbria mentre l’Ascoli- Teramo rimane una mulattiera, lo spazio concesso dal servizio regionale pubblico, l’attenzione e la puntualità , invece, quando si tratta di individuare attività ambientali rilevanti ( eufemismo), per finire con la determinante complicità regionale nella abominevole vicenda della divisione della provincia.
Il timore diffuso è che il Piceno, nel 2010, sia più una appendice che parte integrante della Marche, una sorta di zona franca nel senso deleterio della parola, che trova maggiori affinità sociali, economiche, culturali, peraltro ricambiate, e contatti con i territori limitrofi di altre regioni, e che abbia di identità marchigiana poco o nulla, o quanto meno pari a quello che riceve.
Insomma una sorta di provincia autonoma senza godere i vantaggi della condizione di una parrocchietta a parte, come invece sono riusciti ad ottenerli territori dello stesso status ( vedi ad esempio il ruolo di Lecce e del Salento nel contesto pugliese).
Non è la delega specifica ad un assessore, spesso nel merito lasciato come cavaliere disarcionato, a fare dell’attuale Piceno, le Marche.
Credimi, o probabilmente lo sai meglio di me, anche se non espressamente gridata, tra la gente comune vige, più che mai,la sensazione che le Marche si accorgeranno del Piceno quando questo farà la voce grossa su questioni di fondo. Ecco il mio plauso,oltre che nel merito, anche nel metodo da te indicato.
Confesso di essere tornato triste da Castelfidardo. Se quello è sicuramente stato un evento ben organizzato ed approfondito, e storico per l’Unità d’Italia, se poi lo vorrebbero far passare per il Natale delle Marche, allora ritengo che il tributo eroicamente pagato sia stato quello di un sangue versato invano.