Clandestini ridotti in schiavitù da cinese, 2 arresti e 10 espulsi

Clandestini ridotti in schiavitù da cinese, 2 arresti e 10 espulsi

Alcuni cinesi trovati nei carrelli per la spesa, avvolti in cellophane, stracci e scarti di lavorazione

Al suo interno prestavano la loro opera diverse decine di connazionali, anche clandestini, in gran parte ridotti in schiavitù presso la stessa struttura, in condizioni di igiene e sicurezza alquanto precarie.
Gli appostamenti - effettuati, per un lungo periodo, soprattutto nelle ore notturne - hanno infatti concretizzato certezze su condotte originanti una serie innumerevole di illeciti sia amministrativi che penali, dall’esercizio di attività in complete evasioni d’imposta all’impiego di consistenti entità di maestranze “in nero”, per arrivare al correlato sfruttamento di connazionali clandestini, circostanze acclarate anche attraverso il rilevamento di ingenti acquisti alimentari, da parte del “clan familiare”, che non trovavano giustificazione con la realtà delle due aziende - come ufficialmente dichiarate nella loro  consistenza - e che, insieme ad altre, hanno portato ad un intervento massivo, effettuato dalla Compagnia di Ascoli Piceno, congiuntamente a personale della Direzione Provinciale del Lavoro e dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale di Ascoli Piceno.
Il blitz è scattato in piena notte attraverso il fermo e l’identificazione di tutti i cinesi trovati all’interno dell’opificio, molti dei quali, a seguito degli “allarmi” lanciati a viva voce  dai due titolari, hanno anche intrapreso persino una rocambolesca fuga sui tetti circostanti, vanificata tuttavia dalla chiusura “a cerchio”, ad opera delle stesse Fiamme Gialle, di tutto il comprensorio circostante; inquietante la scena che si è presentata ai militari all’interno dell’opificio, dove alcuni cinesi sono stati scovati  anche nascosti dentro dei carrelli per la spesa, avvolti in cellophane, stracci e scarti di lavorazione. A nulla è valso anche l’escamotage adottato dalla donna, titolare di una delle due impresi operanti nella struttura, che ha tentato di eludere le proprie responsabilità attraverso l’asserita propria mansione di semplice dipendente - conseguente alla ritenuta cessazione della propria attività che, tuttavia, non è risultata essere mai stata dichiarata agli Uffici competenti - di altra nuova ditta insediatasi recentemente, facente capo al proprio figlio.
La donna, infatti, oltre ad essere stata considerata anch’essa tra i lavoratori “in nero” impiegati dall’impresa del figlio, dovrà comunque rispondere della posizione di “evasore totale” propria della sua ditta per aver omesso di presentare le dichiarazioni d’imposta sia ai fini IVA che ai fini delle Imposte Dirette, relativamente agli anni 2007 e 2008.
All'interno del capannone, i militari hanno trovato 24 cinesi intenti a lavorare alle macchine da cucire, tutti rigorosamente “in nero”. Di questi, 8 sono risultati sprovvisti di qualsiasi documento identificativo, circostanza per la quale sono stati denunciati a piede libero alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ascoli Piceno per i reati di cui all’art. 6 “Omessa esibizione di documento di identità da parte di cittadino extracomunitario” del Decreto Legislativo n. 286/1998 ed art. 10-bis “Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato” del medesimo Decreto e, di conseguenza, sulla scorta dell’immediato decreto emesso dal Prefetto di Ascoli Piceno, espulsi dal territorio nazionale.
Altri due sono invece risultati già colpiti da analogo provvedimento di espulsione e, quindi, tratti in arresto per la flagranza del reato contemplato dall’art. 13 “Inottemperanza al Decreto di espulsione dal territorio dello Stato mediante accompagnamento alla frontiera” del già citato Decreto Legislativo n. 286/98, con conseguente “Ordine di lasciare il territorio dello Stato Italiano entro 5 giorni”, come previsto dall’art. 14 dello stesso provvedimento normativo.
Entrambi i rappresentanti delle due imprese - gravati da significativi e specifici precedenti tra i quali il “Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”, l’ ”Impiego di manodopera priva di permesso di soggiorno”, “Contraffazione di permessi di soggiorno” e “Falso ideologico” - sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per i reati di cui all’art. 600 “Riduzione/mantenimento in schiavitù” del Codice Penale ed art. 12 “Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” del citato Decreto Legislativo n. 286/1998 in relazione alle condizioni alquanto precarie accertate nel corso delle attività relative ai contesti d’igiene e di sicurezza nei quali prestavano la loro opera le maestranze, trovate a lavorare in una struttura estremamente calda, “regno” di un numero rilevante di ogni genere di insetti e reso asfissiante dalla sporcizia e dalla polvere sovrastante tutti gli ambienti - compresi quelli adibiti a dormitorio e vettovagliamento - e risultati oltremodo  sfruttati all’inverosimile attraverso turni di lavoro estenuanti, salari inadeguati e, in alcuni casi, privati anche, dai propri datori, dei documenti di identità personali.
Gli approfondimenti investigativi del Comando Provinciale proseguono attraverso le consuete attività di polizia economica e finanziaria, tese a ricostruire, nel dettaglio, tutti i reali accadimenti aziendali che hanno comportato anche l’occultamento di rilevante materia imponibile.