CHI SIAMO?
Gruppi, associazioni comitati di persone che abitano le Marche, qui vivono, lavorano e fanno impresa, sono impegnate a valorizzarne il patrimonio di qualità lasciato dalle generazioni passate ed a generare ulteriore qualità e benessere.
PERCHE’ SIAMO QUI?
Perché vogliamo dare un contributo positivo alla ricerca di percorsi efficaci per costruire “un’economia a misura d’uomo” (come esplicita la Carta di Symbola) capace di affrontare le grandi sfide in campo ambientale scommettendo sull’innovazione, sulla ricerca, sulla conoscenza, sulla bellezza, sul radicamento nei territori, sulla valorizzazione delle loro specificità positive.
Portiamo per questo all’attenzione di tutti le seguenti criticità, che, a nostro parere, nelle Marche stanno trasformando la cosiddetta Green Economy da una grande opportunità reale in una operazione di marketing, che rischia di favorire la dissipazione delle qualità ereditate ed ancora esistenti nel territorio.
I NOSTRI PUNTI FERMI
Non sono i capitali da soli che producono la qualità di un sistema locale: occorre, invece ed appunto, il sistema; il che vuol dire:
connessione sociale, partecipazione e democrazia: nelle Marche assistiamo invece ad una chiusura autoreferenziale degli attori istituzionali (grandi e piccoli: dai livelli regionali a quelli comunali); dall’alto e senza trasparenza si progettano, si autorizzano e si fanno calare sui territori varianti urbanistiche, grandi impianti fotovoltaici nelle campagne, rigassificatori, centrali grandi e piccole, a combustibili fossili o a biomasse (i casi di Porto Recanati, Falconara, di Girola di Fermo, Corinaldo, San Severino, Jesi, Villa Santi in Val Menocchia, San Claudio in Chienti insegnano); i cittadini che si organizzano per rappresentare “i luoghi” vengono affrontati come controparte, spesso liquidati e persino delegittimati con fare e linguaggio “padronale”, retaggio di stili di “potere” non più accettabili da parte della società.
rispetto dei contesti: la green economy ben intesa ci insegna che non deve essere il massimo e più immediato profitto a guidare le scelte, ma la virtuosa connessione ed interazione di queste con i contesti, questi debbono essere nel loro insieme valorizzati e non impoveriti: ed allora perché nelle Marche è normale che gli impianti fotovoltaici non vengano collocati nelle nuove costruzioni, sui capannoni industriali, nelle aree di sosta; ed è buono che ricoprano le colline dell’ Infinito di Leopardi e di Dastin Hoffmann? Perché è buono che in suo nome siano consumate e dissestate zone panoramiche, messe in crisi coltivazioni tipiche e biologiche, turismo rurale e naturalistico, agricoltori coraggiosi che investono risorse proprie ed europee?
Perché la Green economy non fa nulla per fermare la cementificazione speculativa che ha portato il consumo di suolo nelle Marche ai livelli più alti d’Italia: 12,5% l’incremento della superficie edificata fra 2001 e 2008 a fronte di una media nazionale del 7,8%? Per ridurre seriamente il rischio di dissesti idrogeologici, l’inquinamento acustico e dell’aria? Per dire che nelle Marche tutto è Green occorre la qualità reale di vita dei marchigiani, non i centinaia e presto migliaia di ettari di pannelli solari nelle più belle campagne.
gestione partecipata dei beni comuni: acqua, terra, spiagge, mare, paesaggio, energie sono beni di tutti ed in quanto tali l’accesso ad essi è un diritto fondamentale della persona che deve essere garantito a tutti e la cui gestione deve avere la partecipazione diretta dei cittadini. Chiediamo, dunque, che la green economy marchigiana si impegni a far sì che questo accada attraverso atti legislativi ed amministrativi reali (e non semplici dichiarazioni d’intenti), in primis con una legge sulla partecipazione che renda obbligatoria la più ampia, diffusa e reale partecipazione possibile, a tutti i livelli istituzionali, ogni qual volta si prevedano interventi relativi a tali beni.
In quanto abitanti di questa regione costituiamo il tessuto veramente generativo del benessere e della qualità di questi luoghi, di cui ci prendiamo cura perché ci viviamo e sono i “nostri” luoghi, fanno parte integrante di noi e della nostra storia, personale, affettiva e sociale, così come noi facciamo parte della loro.
Per questo riteniamo di avere il diritto ed il dovere di assumerci le responsabilità di partecipare alla loro gestione, non certo in un’ottica localistica ma nella piena consapevolezza di essere dentro un sistema mondiale ed una fase storica che impone di “ragionare globalmente ed agire localmente” per dare risposte complessive ai problemi sociali, economici, ambientali ed alimentari dell’umanità che abita il nostro pianeta.
DA CHI DIPENDE LA QUALITA’ DI UN SISTEMA LOCALE? : La qualità di questi luoghi, come di qualsiasi altro luogo, dipende essenzialmente dai nostri comportamenti diffusi, dalle nostre relazioni, dai nostri modi di vivere e convivere; non bastano capitali e tecnologie per generare qualità; occorre il sistema locale, e non c’è sistema locale senza abitanti. E senza rappresentanti istituzionali veramente democratici e capaci di decisioni orizzontali.
Per questo abbiamo ritenuto necessario portare il nostro punto di vista a questo tavolo…. .