L’autore, ignoto, lo aveva contattato al telefono ed aveva recapitato dei “pizzini” coi quali presentava una richiesta estorsiva di 70 milioni delle “vecchie lire”.
Un fatto inquietante che non aveva altri precedenti simili in zona e che aveva turbato – non poco - l’esercente che si era rivolto ai carabinieri del nucleo operativo di Via Carnia. Avrebbe dovuto consegnare una prima tranche da 10 milioni e, all’appuntamento, si erano presentati in abiti simulati anche i militari; l’uomo non cadeva nella trappola, non stabiliva alcun contatto con la vittima tanto da evitare l’intervento dei militari appostati.
Quei “pizzini”, con le tecnologie dell’epoca, non avevano rilevato alcun elemento utile alle indagini ed erano stati ricustoditi fra i corpi di reato. A nulla erano valsi gli elementi indiziari raccolti, tant’è che il procedimento era stato archiviato.
Ma, a distanza di quasi dieci anni, quel cold case è riaffiorato all’attenzione dei carabinieri del nucleo operativo di Civitanova.
I militari hanno richiesto al Raggruppamento Investigazione Scientifiche di Roma, nuovi accertamenti tecnici irripetibili con trattamento DFO, associato al sistema AFIS.
E, sorprendentemente, la sezione impronte del RACIS dell’Arma di Roma ha fatto sapere che l’esaltazione delle impronte ispezionate con nuove fonti di luce, associate all’AFIS aveva dato questa volta un nome e un cognome al responsabile. Un pluripregiudicato campano che oggi, con il riscontro tecnico investigativo, può essere denunciato alla magistratura del capoluogo maceratese per il reato di tentata estorsione.
Non è il primo accertamento che i carabinieri del nucleo operativo civitanovese, in questi ultimi mesi, ripropongono al RACIS per episodi datati.