La Valdaso e gli argini bruciati chimicamente

La Valdaso e gli argini bruciati chimicamente

La pratica, oltre che dannosissima per l’ecosistema, può provocare rischi per la salute umana

Il fenomeno peraltro è maggiormente apprezzabile tra la media Valdaso, Comunanza, la rete stradale che conduce verso le sue frazioni montane e qualche centro limitrofo. In sostanza, cedendo alla tentazione della metafora, i cancelli del Parco Nazionale sono completamente arrugginiti e protestare vibratamente contro il Minuto Mantenimento, almeno fino ad oggi, sembra non aver sortito alcun effetto. Perlomeno sotto la forma di una spiegazione logica. Sarà forse perchè l’uso della chimica per la pulizia degli argini appare decisione a tal punto levantina da rifiutare, a priori, qualsiasi inquadramento nella categoria della logica. O forse la causa del silenzio non è tanto da ricercarsi nel rituale assenso (ahinoi) quanto in un qual certo imbarazzo che, sotto la spinta dell’opinione pubblica,  rischia oramai l’esondazione. Insomma, comunque la si giri, è un problema di argini.
Ora più che mai, visto che anche il popolo del social forum più famoso al mondo - parliamo ovviamente di Facebook - ha voluto apportare un apprezzabile contributo di informazione e di civile protesta. Da giovedì è infatti attivo un Gruppo dal titolo eloquente “Quelli che non vogliono le scarpate delle strade bruciate dai diserbanti” che, in poche ore, ha cooptato moltissimi aderenti. Tutti indignati ed uniti contro questa assurda pratica che, stando all’autorevole contributo del Prof. Taffetani (botanico, docente all'Università Politecnica delle Marche e Ex-Presidente del WWF Marche) oltre che dannosissima per l’ecosistema, può provocare rischi per la salute umana ed uno squilibrio accertato alla tenuta degli argini che, privati della vegetazione, diventano instabili e franosi.
A tutt’oggi, almeno per quel che concerne l’area montana, non esistono posizioni ufficiali né dalla Provincia, né dall’Arpam. Rimanendo ai sussurri sembra che qualcuno inizi ad azzardare qualche esimente del tipo trattasi di sostanze non pericolose (?!!?), vi sono in atto monitoraggi, ecc. Il senso della prospettiva forse consiglierà chi di dovere ad assumersi la responsabilità della chiarezza: motivazioni declinate sul canone del tutto sotto controllo, infatti, rappresenterebbero soltanto brodini al cospetto della monolitica evidenza della Tavola degli Elementi di Mendeleev. Perchè, anche per chi non fa della chimica un mestiere, è lapalissiano arguire come una sostanza responsabile della morte di una specie vegetale, non rappresenti di certo la proverbiale sferzata di salute per qualunque altro essere vivente.
Né per coloro che consumano i frutti degli orti confinanti con gli argini feriti, né per gli animali che scorazzano nei pressi o, peggio, si cibano dell’erba circostante; certamente non per coloro che pedalano o corrono lungo le sinuose arterie che conducono alle mille meraviglie dei Monti Sibillini, né (ultimi ma non ultimi) per i lavoratori che senza alcuna colpa si trovano a dover interagire con sostanze certamente tossiche.
L’auspicio è che qualcuno voglia realmente sollevare l’exceptio ignorantiae anche se, Mendeleev docet, la natura si fonda su alcune significative certezze. Una di queste è la combinazione degli elementi chimici. La seconda, forse più importante, è che neanche una madre amorevole può sopportare in eterno le angherie di figli sempre più in preda della follia matricida.