anche per motivi di salute ritenuti incompatibili con la detenzione in carcere. Viene considerata dai magistrati una "testa di legno" che però può fornire notizie interessanti.
Gli altri due imputati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Al termine dell'interrogatorio Antonio Luigi Montagna è scoppiato a piangere nell'abbracciare il figlio che era in attesa fuori dall'aula, prima di essere di nuovo trasferito nel carcere di Marino del Tronto.
Intanto, oltre che a procedere a nuovi interrogatori degli arrestati tra qualche giorno, per dar modo ai difensori di approfondire il capo d'imputazione contenuto nell'ordinanza di custodia cautelare, il pm Carmine Pirozzoli ha messo in atto le formalità per le rogatorie internazionali in Svizzera e a S. Marino per verificare se negli istituti di credito di quei paesi vi siano risorse distratte alla Novico Srl.
Emergono anche altre piste investigative che verranno approfondite.
Per la situazione fallimentare e dei lavoratori della Novico attualmente in cassintegrazione il curatore Cesare Volpi traccia un quadro:«La Novico S.r.l. (già Novico S.p.A.), dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno il 26 ottobre 2009, era società operante nel settore della produzione e commercializzazione di siringhe e materiale vario ad uso sanitario.
La società era titolare di importanti e storici marchi (ICO) – distratti circa sette mesi prima del deposito del ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato - conosciuti dagli operatori del settore quale sinonimo di qualità derivante da circa ottanta anni di attività svolta negli ospedali, nelle cliniche, nei laboratori di analisi, nelle farmacie ecc….
Nello stabilimento di Ascoli Piceno era realizzata prevalentemente la produzione di siringhe. Detto sito produttivo fu concepito in funzione della sterilizzazione con raggi gamma.
La sterilizzazione a raggi gamma (Gamma Rays) è stata infatti la caratteristica peculiare della produzione NOVICO in quanto in grado di garantire la massima sicurezza per ciò che concerne la sterilità dei prodotti.
La commercializzazione dei prodotti della Novico S.r.l., fino all’ottobre 2008 è stata realizzata avvalendosi dei propri storici marchi “ICO”, acquistati nel 1999 dalla Hatù Ico Commerciale S.p.A. ad un costo complessivo di Lire 4 miliardi.
A partire dall’ottobre 2008, a seguito della nefasta cessione di detti marchi a vile valore (€uro 40.000) alla parte correlata Ico Medical S.r.l. (mediante una cessione di ramo d’azienda), la Novico si è trasformata in una società avente quale unico cliente proprio la Ico Medical.Dalle informazioni apprese oggi dai locali mezzi di informazione, pare che il lavoro congiunto dell’Ufficio Fallimentare (Giudice delegato dr. Raffaele Agostini, e del curatore, dr. Cesare Volpi), della Procura della Repubblica e del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Ascoli Piceno, abbia sortito il più importante degli effetti sperati: il sequestro preventivo dei marchi distratti nell’ambito della nefasta operazione di cessione del ramo di azienda del 27 ottobre 2008.Il ritorno dei marchi - di cui si dovrà valutare la portata una volta esaminato il provvedimento di custodia cautelare emesso dal GIP, dr. Carlo Calvaresi - era auspicato in quanto tutte le trattative nel frattempo avviate dagli organi fallimentari per ricollocare l’azienda o suoi rami si erano di fatto arenate dinanzi alla indisponibilità dello storico marchio ICO e dei suoi derivati.
Va da ultimo sottolineato come l’attività di controllo e denuncia degli Organi fallimentari e del Collegio sindacale da un lato e l’intervento investigativo degli organi giudiziari, Procura della Repubblica e Guardia di Finanza dall’altro, siano stati funzionali sia all’accertamento/repressione degli atti di mala gestio commessi in frode alle ragioni dei creditori sociali della NOVICO, sia al ripristino, mediante l’auspicato reintegro nel possesso dei marchi in capo all’Amministrazione fallimentare, delle condizioni necessarie per un rilancio, se pur ridimensionato, del business della ex NOVICO, con conseguente riassorbimento di una parte significativa del personale dipendente attualmente collocato in CIGS. Con ciò garantendo, tra l’altro, il permanere, su un territorio angosciato da un crescente impoverimento sociale, di una storica impresa portatrice di valori immateriali, (quali i marchi), e di competenze tecniche di sicuro rilievo».