Matrimoni gay, la Consulta se ne lava le mani

Matrimoni gay, la Consulta se ne lava le mani

Radicali: «Una società civile dovrebbe assicurare diritti a tutti a prescindere dai gusti sessuali»

La sentenza è giunta nella tarda mattinata, al termine della seduta in camera di consiglio dei giudici costituzionali a Palazzo della Consulta.
La sentenza giunge a tre settimane di distanza dall'udienza pubblica davanti alla Corte Costituzionale degli avvocati difensori e dell'Avvocatura generale dello Stato.
L'ufficio stampa della Corte costituzionale ha diffuso una nota in cui si sottolinea che la Consulta, «decidendo sulle questioni poste con ordinanze del Tribunale di Venezia e della Corte d'appello di Trento, in relazione alle unioni omosessuali, ha dichiarato inammissibili le questioni stesse in riferimento agli artt.2 e 117, I° comma, della Costituzione e infondate in relazione agli artt. 3 e 29 della Costituzione». Le motivazioni della decisione si conosceranno nei prossimi giorni e saranno scritte dal giudice costituzionale Alessandro Criscuolo.
«Dopo la sentenza della Consulta, che se n'è lavata le mani, è urgente che il legislatore si assuma la responsabilità di una decisione politica - commenta la senatrice Donatella Poretti (Radicali/Pd) - Lo scaricabarile delle competenze nei fatti ha abbandonato coppie e individui a cercare soluzioni pratiche in un fai da te che non è degno di una società civile e di un Paese che dovrebbe assicurare diritti e tutele a tutti i cittadini a prescindere dal sesso e dalle preferenze sessuali. Il Parlamento calendarizzi subito i disegni di legge in materia. Al Senato il primo giorno della legislatura ho depositato il ddl 594 insieme ai senatori Marco Perduca, Roberto Della Seta, Francesca Maria Marinaro, Franca Chiaromonte, Francesco Pardi».

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