Mi conforta sapere che i diretti interessati, cioè i coltivatori, condividano le stesse preoccupazioni che la Giunta provinciale da me presieduta espresse con la delibera n. 236 del 5 giugno 2009 (uno degli ultimi atti prima delle elezioni).
Con essa si fornivano indirizzi ai Comuni affinché redigessero piani per privilegiare “l’istallazione degli impianti nelle zone industriali ampiamente presenti in tutti i territori comunali o in quelle agricole limitrofe alle stesse o in generale sulle coperture degli edifici produttivi sparsi, edifici pubblici, ecc.;”. Esattamente quanto chiede oggi la Coldiretti.
Il fatto che un’organizzazione autorevole come la Coldiretti senta il bisogno di levare un grido d’allarme contro l’impiego indiscriminato di terreni coltivabili per l’installazione di grandi impianti fotovoltaici, mi conforta e mi preoccupa allo stesso tempo.
Mi preoccupa allo stesso tempo il fatto che, se gli stessi agricoltori denunciano questa tendenza a privilegiare gli interessi economici di pochi rispetto alla tutela del paesaggio e quindi all’interesse di tutti, la strada intrapresa sta diventando pericolosa.
Vorrei capire che cosa pensano di questo accorato appello degli agricoltori quei sindaci del Piceno, tutti di area PD, che quando la Provincia prospettò l’esigenza dell’atto di indirizzo poi adottato, insorsero affermando che “i grandi impianti fotovoltaici a terra non vanno considerati pregiudizievoli della salvaguarda ambientale” (lettera del 24 settembre 2008). Forse avevano già sottoscritto qualche cambiale elettorale?
Qualcuno di loro potrà obiettare che un piano di localizzazione degli impianti fotovoltaici si sta realizzando e che in esso è contemplata la salvaguarda dei gran parte del territorio collinare. Bella forza, intervenire quando i buoi sono già scappati dalla stalla: i piani di cui si parla non intervengono minimamente sui terreni già acquisiti dagli imprenditori, magari lungo declivi incantevoli, pronti per essere coperti da distese di silicio grigio e tralicci metallici!
Richiederebbe molto più coraggio dire basta a tutto ciò e fare in modo che siano utilizzate a tale scopo solo zone già infrastrutturate ed urbanizzate, possibilmente dove esistono insediamenti industriali.
E’ in questa direzione che si muove la recente proposta di una multinazionale sostenuta dal responsabile della Sezione “Energia e Nuove Tecnologie” di Confindustria Ascoli Piceno, non a caso uno degli imprenditori del settore più illuminati che ha il Piceno.
Sia chiaro che il sottoscritto non può essere tacciato di ostilità verso la produzione di energia fotovoltaica. La mia storia e i fatti prodotti in cinque anni di governo della Provincia stanno a dimostrarlo.
Parlo non solo dei 7 milioni investiti dalla Provincia per realizzare 22 impianti fotovoltaici sui tetti delle scuole e degli edifici istituzionali per una potenza installata di 1 megawatt, ma anche di tutte quelle azioni (corsi di formazione per tecnici del settore, incentivi all’installazione di impianti domestici, protocolli con le banche per sostenere gli investimenti necessari, ecc,) che ci hanno permesso (fonte “Sole24ore2 su dati del Gestore Elettrico Nazionale) di diventare la provincia più fotovoltaica delle Marche.
Ma perché, poi, accanirsi per deturpare un bene non “delocalizzabile”, non riproducibile da nessuna altra parte del mondo qual è il paesaggio? L’alternativa c’è, e la spiegammo a suo tempo ai Sindaci e all’opinione pubblica: dai dati dei SIT, Sistema informativo territoriale, della Provincia risulta che nel territorio delle province di Ascoli e Fermo vi sono circa 440 ettari di coperture industriali. Se fossero utilizzate per installarvi pannelli fotovoltaici, si otterrebbe una produzione di energia pari a tutta quella che oggi questi territori producono per il proprio fabbisogno.