Manuli, accordo fatto. I lavoratori: firme estorte con minacce

Manuli, accordo fatto. I lavoratori: firme estorte con minacce

«Gran parte delle firme sono state psicologicamente estorte dietro minaccia di licenziamento»

Per gli altri 235  lavoratori, quindi, restano due anni di cassintegrazione e due anni di mobilità (incentivi e prepensionamenti per chi ne possiede i requisiti). Sindacato dei lavoratori e Ugl restano contrari.
Attraverso un comunicato a firma del segretario provinciale Sdl Andrea Quaglietti e Mirko Morganti, delegato Ugl R.S.U. Manuli, del Coordinamento dei Lavoratori del Piceno fa sapere che il presidio davanti allo stabilimento rimarrà attivo.
«Alla luce degli avvenimenti dei giorni scorsi, il Presidio ha deciso di restare in loco in segno di protesta verso l'immobilità delle istituzioni e della Manuli, rispetto alle continue perdite di posti di lavoro in Manuli e nel resto della vallata e sarà pronto a contestare nei luoghi e nei modi opportuni, individuando già da subito la data del 30 novembre quando nella provincia di Ascoli interverranno l'ex Ministro del lavoro e oggi presidente della commissione lavoro al senato Treu unitamente all'assessore regionale al lavoro, Fabio Badiali. Ad oggi il signor Badiali si è limitato a definire i lavoratori che lottano per il posto di lavoro "melma"». 
Il coordinamento parla poi di firme raccolte dal "Comitato del sì" attraverso minacce. «Gran parte delle firme raccolte sono state psicologicamente estorte dietro minaccia di licenziamento e di una eventuale mancata erogazione di incentivi e cassa integrazione, nonostante l'intenzione espressa dall'azienda il giorno 14 novembre (nella persona dell'ad Roberto Grandi) di tornare sul tavolo delle trattative. Non volendo condannare nessuno, riflettiamo sul fatto che una anomala raccolta di firme potrebbe essere utilizzata ed allegata a qualsiasi documento legale che potrebbe invalidare qualsiasi iniziativa degli stessi anche in futuro».