Per carenza di organici degli uffici giudiziari, il procedimento fu rinviato dal 1997 al 2010
fa, che i tempi della giustizia italiana le negano ancora. Per le cronache, la vicenda della vegliarda maceratese, da anni residente a Roma con i figli, non è una novità. Correva l'anno 1997 quando la signora Cuccioletti, che gode tutt'ora di buona salute e volontà di ferro, fece causa ad alcuni parenti per la spartizione di terreni e immobili del trisavolo, assistita dagli avv. Giacinto Canzona e Basilio Cupaiolo. Per colpa della cronica carenza di organici degli uffici giudiziari di Macerata, il procedimento venne rinviato al 25 marzo del 2010. Data l'età della ricorrente, la notizia finì su tutti i giornali. Il Tribunale decise allora di anticipare l'ultima udienza, quella di precisazione delle conclusioni, in un primo tempo al mese di giugno del 2006 e poi al 30 marzo 2008. Neanche quest'ultima data però è stata rispettata, e l'udienza è stata nuovamente fissata al 25 marzo 2010.
Ma la signora Amalia, assicura il legale, "non ha alcuna intenzione di arrendersi. Fiduciosa nelle promesse di riforma del ministro della Giustizia, ha promesso a parenti e amici che arriverà alla fine del processo... dovessero passare altri dieci anni". In effetti, la causa della famiglia Cuccioletti si è via via trasformata in un investimento economico per il futuro: di recente la Cassazione ha elevato da 500 a mille euro l'equo indennizzo per ogni anno di ritardo dei processi, e se non la signora Amalia, senz'altro i suoi eredi potranno sempre far causa allo Stato in base alla legge 89 del 2001, che prevede un risarcimento per i processi che si trascinino per più di tre anni.