Le norme italiane non verranno più accolte in maniera automatica
sistema giudiziario esistente in Italia. E’ la notizia ripresa dal quotidiano della Santa Sede, l’Osservatore Romano, nell’articolo pubblicato a firma del presidente della Corte di Appello dello Stato della Città del Vaticano Josè Maria Serrano Ruiz, che è anche presidente della Commissione per la revisione della Legge sulle fonti del diritto Vaticano. Il motivo per cui le leggi italiane non verranno più accolte in maniera automatica, come nel passato, ma saranno considerate come fonte suppletiva è da ricercarsi nel “numero esorbitante di norme dell’ordinamento italiano”ma anche nella mutevolezza della legislazione italiana che frequentemente entra in contrasto con “principi etici non rinunciabili da parte della Chiesa di Roma”. Ci si riferisce in questo caso alle norme da poco approvate o allo studio sulle pillole abortive,sugli embrioni, sulle unioni omosessuali,sulla morte assistita. Per Josè Maria Serrano Ruiz d’ora in poi sarà il diritto canonico il primo criterio di riferimento mentre i rapporti tra Italia e Vaticano “dovranno essere regolati da norme chiare che riconoscano l’autonomia e la collaborazione di entrambi”.
Le incomprensioni tra Stato e Chiesa partono da lontano, il 13 maggio 1871,all’indomani della breccia di Porta Pia , quando fu approvata dal Parlamento italiano, da poco costituito dopo l’unità,una legge che prese nome “legge delle Guarentigie” che disciplinava i rapporti tra il Regno d’Italia ed il Vaticano. La legge era costituita di venti articoli. Veniva garantita l’inviolabilità del Pontefice, il diritto di avere al proprio servizio guardie armate a difesa del Vaticano,del Laterano,della Cancelleria e della villa di Castel Gandolfo. Tutti questi immobili erano sottoposti al regime di extraterritorialità che li esentava dalle leggi italiane ed assicurava libertà di comunicazioni postali e telegrafiche, ed il diritto di rappresentanza diplomatica. Si garantiva un introito annuo di lire 3.250.000 per il mantenimento del Papa,dei palazzi apostolici e del Sacro Collegio. La legge delle Guarentigie considerata dal pontefice dell’epoca, Pio IX , come atto unilaterale del Regno d’Italia fu respinta dalla Chiesa. Egli si chiuse nei palazzi vaticani dichiarandosi prigioniero politico. Quelli che seguirono, non riconobbero mai questa legge e le somme stanziate dal governo italiano vennero conservate in un apposito conto in attesa che la Santa Sede si decidesse ad accettarle.
La Conciliazione tra Stato e Chiesa avvenne l’11 febbraio 1929 con la firma dei Patti Lateranensi che presero il nome dal palazzo di San Giovanni in Laterano ove furono sottoscritti dal Cardinale Segretario di Stato Pietro Gasparri e dall’allora primo ministro Benito Mussolini. I Patti erano costituiti da due distinti documenti: il Trattato che riconosceva l’indipendenza e la sovranità della Santa Sede e fondava lo Stato della Città del Vaticano, ed il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose tra Chiesa e Governo. Il governo italiano acconsentì di rendere le sue leggi sul matrimonio ed il divorzio conformi a quelle della Chiesa cattolica ed il clero esente dal servizio militare. Il Concordato è stato poi rivisto nel 1984 dall’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi mentre nel 2006 è stato messo nuovamente in discussione da alcune forze politiche minoritarie ma non ha subito alcuna variazione.