Primavera: un Parco del mare nell'area Ballarin

Primavera: un Parco del mare nell'area Ballarin

«Si tratta, naturalmente, di un primissimo spunto offerto per aprire una discussione»

Ballarin: alcune nostalgiche, altre fantasiose, altre ancora azzardate. Vale però la pena di fare qualche considerazione preliminare. Di certo la volontà della Fondazione di mettere a disposizione una somma ingente e un architetto di fama rappresentano una occasione importante. Non va tuttavia dimenticato che l’intera operazione necessita di una premessa che la Fondazione ha indicato come indispensabile, cioè la donazione dell’area oggi di proprietà comunale.
Non entro nel merito dei numerosi problemi legali che tale inedita procedura può comportare, che tuttavia mi auguro vengano preso sciolti da autorevoli esperti di diritto amministrativo, cosa finora non avvenuta. In ogni caso la questione rimane politicamente assai rilevante, poiché l’area in oggetto è di grandissimo valore storico, culturale, logistico, sociale e non ultimo economico.
Perché tale operazione sia politicamente convincente occorre dunque che l’utilità pubblica sia ben evidente. Tale utilità non può certo consistere unicamente nel pregio attribuito alla città dal pur importante architetto progettista: se così fosse vorrebbe dire che il comune dovrebbe regalare qualunque area a chiunque proponga un progetto di valore e sia disposto a finanziarlo coi propri soldi, il che è evidentemente contro logica e contro buon senso (oltre che contro legge).
Questa operazione avrebbe dunque senso solo se si concretizzasse in una superiore utilità sociale dell’area (che oggi ospita, seppur in condizioni molto critiche, attività sportive e associazioni importanti come la croce verde e i carri del nostro carnevale). Avere una struttura – qualunque essa sia, e per quanto bella possa essere – chiusa alla città o scarsamente permeabile alla nostra vita quotidiana significherebbe gettare al vento ogni possibilità di crescita reale.
Non possiamo che immaginare in quell’area qualcosa che abbia, non solo esteticamente ma soprattutto funzionalmente, un forte nesso con il mare e con la vocazione marinara sambenedettese, valorizzando le prospettive di una futura piena sostenibilità di questo settore. Il Ballarin si trova tra due lungomare, in una zona ad altissimo potenziale turistico ed adiacente al porto, raggiungibile in pochi minuti dalla stazione: quale posto migliore per dare una forma e meglio definire le nostre vocazioni marinare?
Chiedere per un’area tanto ricca di stimoli un semplice Acquario è suggestivo ma forse non sufficiente; anche perché non credo sia pensabile ed economicamente sostenibile un progetto che metta una struttura sambenedettese in concorrenza con Genova, e sono molto scettico sulle pretese di gigantismo e la megalomania di chi sogna strutture di dimensioni enormi. Si può però partire da questa interessante intuizione per ragionare di un vero e proprio Parco del Mare che vada dal Ballarin fino a Piazza del Pescatore: un’area solo moderatamente edificata – seppur con soluzioni all’avanguardia che il genio di Tschumi sarà senz’altro in grado di offrire – che concentri più strutture e sia in grado di dialogare con le realtà esistenti, come il CERF Pesca (società a partecipazione pubblica attiva da anni nella ricerca sulle tecnologie di pesca), la Facoltà di Biologia Marina, le associazioni, il museo del mare, e sappia supportare la creazione, la gestione e il potenziamento del nascente Parco Marino.
All’interno di quell’area troverebbe facilmente spazio anche un importante acquario, che non sarebbe solo una statica attrattiva turistica ma anche uno strumento educativo e un valido supporto alle attività della Facoltà di Biologia Marina, completo di piccoli spazi espositivi in cui organizzare mostre e convegni a tema.
Si tratta, naturalmente, di un primissimo spunto offerto per aprire una discussione, non di una proposta chiusa e immutabile; uno spunto forse parziale, superficiale e magari poco originale, la cui fattibilità reale è tutta da verificare. Tuttavia, se alla fine del percorso di ideazione dell’opera l’integrazione sociale e culturale tra quell’area e la città non fosse altrettanto chiara ed evidente, e magari tutta questa discussione si chiudesse su un progetto inerte e vecchio come quello di un nuovo pala congressi, sarebbe molto difficile per non dire impossibile esprimere un consenso alla cessione da parte del Comune di un’area così importante per la nostra città».