di pistola il figlio Piero, di 34 anni - annullando la sentenza di condanna a 10 anni inflittagli dalla Corte d'assise d'Appello di Ancona l'11 dicembre 2007, nella parte in cui i giudici dorici non hanno ritenuto di concedere all'imputato l'attenuante della provocazione. I giudici della suprema corte hanno quindi disposto il rinvio degli atti alla Corte d'Assise d'Appello di Perugia. Ne ha dato notizia l'avv. Nazario Agostini. Durante la discussione del ricorso, ieri mattina, la Procura generale della Cassazione aveva chiesto la conferma della sentenza d'appello.
L'avv. Agostini aveva invece ribadito la sua tesi: Buschi, quando sparò al figlio, tenne una condotta né cosciente, né volontaria. «Il nostro codice penale sancisce che non è incapace di intendere e di volere solo chi è infermo di mente, nel senso clinico del termine - aveva puntualizzato il cassazionista ascolano - ma anche una persona normale in condizioni particolari come quelle, nella fattispecie, in cui sono maturati i fatti in questione». In subordine Agostini aveva chiesto che venisse riconosciuta al suo assistito l'attenuante della provocazione dovuta alla condotta per anni violenta del figlio.
Mario Buschi, rientrato da Roma, aveva già preparato una valigetta ed era andato dai carabinieri di Villa Pigna per costituirsi, convinto che sarebbe entrato in carcere per iniziare a scontare la condanna a 10 anni (9 per l'omicidio e uno per il porto abusivo dell'arma). Invece sono stati i militari dell'Arma a dirgli che la Cassazione aveva accolto il suo ricorso e quindi non doveva andare in carcere. «Potete immaginare l'emozione con cui ha appreso la notizia - riferisce l'avv. Agostini - Siamo soddisfatti. Ho sostenuto che non era possibile non concedere al mio assistito l'attenuante della provocazione visto che erano state innumerevoli le testimonianze che riferivano di un ragazzo purtroppo irascibile e violento».
La vicenda
E' il primo pomeriggio del 4 luglio 2005 quando Mario Buschi, 60 anni, bancario, insieme alla moglie va nella villetta del figlio Piero, a Piane di Morro, per prendere la nipotina. Piero è nudo in casa. Buschi, già provato dalle continue vessazioni e liti col giovane, è accecato dall'ira, e con un revolver a tamburo portato con sé, lo uccide. Quattro i colpi esplosi, uno solo a vuoto: due alle spalle, l'ultimo, con Piero già a terra, in piena fronte. Mario Buschi telefona al 113 e chiede l'intervento della polizia; si consegna agli agenti senza opporre resistenza. Viene rinchiuso nel carcere di Marino del Tronto. Il 12 luglio 2005 il bancario ascolano esce dal carcere: secondo il pm Carmine Pirozzoli non sussistono più i requisiti per la detenzione in carcere, vale a dire il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove, della reiterazione del reato. Va agli arresti domiciliari e il 18 agosto ottiene dai magistrati ascolani la libertà in attesa di giudizio. Il giudizio di primo grado arriva il 19 maggio del 2006 quando al termine del processo celebrato con rito abbreviato, il gup del Tribunale di Ascoli Annalisa Gianfelice lo condanna a 10 anni di carcere. Sia la difesa che l'accusa impugnano la sentenza. L'11 dicembre 2007 la Corte d'Assise d'Appello di Ancona conferma la sentenza. Diverso, però, rispetto al giudizio di primo grado, il percorso che porta alla determinazione della pena e che non tiene conto della provocazione di un figlio irascibile e violento.
Un fatto che oggi la Corte di Cassazione (collegio I, prima sezione) ha evidenziato annullando la sentenza dei giudici anconetani proprio nella parte in cui non hanno concesso l'attenuante della provocazione, stabilendo l'invio degli atti alla Corte d'Assise d'Appello di Perugia per la rideterminazione della pena, che tenga stavolta conto dell'attenuante con il conseguente sconto di pena. Buschi potrebbe giungere a ottenere una condanna tale da evitare il carcere, per essere invece affidato ai servizi sociali.