Legambiente: il caos delle cave in Italia

Legambiente: il caos delle cave in Italia

Le Marche terza regione dopo Lombardia e Campani per numero di cave dismesse

Tariffe di concessione bassissime, addirittura inesistenti nel Meridione, a fronte di un giro di affari di circa 5 miliardi di euro l’anno per il solo settore degli inerti. E’ la situazione delle cave in Italia nel 2008. Un panorama che, dalle Alpi Apuane alla Sicilia, passando per Caserta e l’alta Murgia, il far west calabrese e la costa toscana, riflette un preoccupante stato di caos e arretratezza amministrativi e degrado del territorio.
La fotografia è scattata da Legambiente, in un dossier presentato giorni fa a Ferrara nell’ambito del Festival della città e del territorio, che raccoglie tutti i numeri sulla gestione dell’attività estrattiva in Italia. Nell’intento di fare il punto su politiche e competenze e capire le spinte che muovono un settore strettamente intrecciato con quelli dell’edilizia e delle infrastrutture.
I numeri contenuti nel Rapporto sono impressionanti. L’estrazione di inerti e la produzione di cemento sono anche nelle Marche in costante aumento. Le cave attive nel nostro territorio sono 175 mentre addirittura 1041 sono quelle dismesse. In tutta Italia si possono stimare in oltre 10 mila quelle complessivamente abbandonate se si considerano anche le 9 Regioni in cui non sono disponibili dati. La Puglia, con 617 cave attive, è la Regione che ne totalizza il maggior numero. Seguono Veneto (594), Sicilia (580), Lombardia (494), Sardegna (397), Piemonte (332), Emilia Romagna (324). Le Marche sono 13°  In testa alla classifica delle cave dismesse c’è la Lombardia, con 2.543 aree abbandonate. Seconda la Campania (1.257). Impressionante il numero nelle Marche (1.041- terza in classifica) e in Sardegna (860).
Il primo posto per quantità estratta spetta alla Sicilia con oltre 113 milioni di metri cubi nel 2006, all’interno della quale spicca il dato della provincia di Palermo (più di 57 milioni) dove l’estrazione di calcare raggiunge livelli altissimi, superiori alla maggior parte delle Regioni italiane. In Lombardia sono oltre 71 milioni i metri cubi cavati, oltre 32milioni nella Provincia di Trento. Le Marche sono 8° con oltre 3 milioni e mezzo di m3  di quantitativo estratto. Di questi più della metà proviene da Macerata (1.875.907 m3).
Nel 2006 in Italia sono state consumate quasi 47 milioni di tonnellate di cemento, per una media di 813 chili per ogni cittadino a fronte di una media europea di 625. Tra i grandi Paesi europei, solo la Spagna  presenta una situazione peggiore della nostra. Tra il 1999 e il 2006 in Germania e Regno Unito il consumo di cemento diminuisce.
La normativa nazionale di riferimento è ancora un Regio Decreto del 1927, un testo che rispecchia l’idea di un settore da sviluppare, sfruttando le risorse del suolo e sottosuolo al di fuori di qualsiasi considerazione territoriale, ambientale o paesaggistica. Le regole per l’attività estrattiva dovrebbero essere dettate dalle Regioni a cui sono stati trasferiti i poteri in materia nel 1977. La fotografia aggiornata della situazione nelle Regioni italiane vede un quadro normativo completo, con l’eccezione della Calabria, e invece l’assenza di piani in ben 10 Regioni, Veneto Friuli e tutte quelle del centro-sud (Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna) con l’eccezione della Puglia che lo ha approvato nel 2007. In Calabria non esiste una legge, né un piano, il potere di autorizzazione è stato trasferito ai Comuni e in Regione non conoscono nemmeno il numero delle centinaia di cave, moltissime illegali, aperte nel territorio. In almeno metà del Paese, dunque, la situazione è di grave emergenza. L’assenza dei piani cava ha come conseguenza di determinare un'enorme discrezionalità in chi deve autorizzare le nuove cave e nello stesso controllo del territorio, e in cui si fa sentire tutto il peso delle Lobby dei cavatori e delle ecomafie. Sono pochissime, poi, le Regioni che escludono dall’attività estrattiva aree di rilevante interesse ambientale. Nella nostra regione negli ultimi tempi è da registrare il tentativo di attacco al piano cave per permettere l'escavazione sotterranea anche in territori di elevato pregio ambientale: ne è un esempio la recente modifica  della legge regionale 71/97 sulle attività estrattive che, a determinate condizioni, consente l'escavazione anche in aree protette.
Un’altra anomalia è rappresentata dalle tariffe di concessione. A fronte di guadagni miliardari per il settore, i canoni che si pagano alle Regioni sono bassissimi,  in media di pochi centesimi di euro. Per sabbia e ghiaia si va, per esempio, dai 0,10 euro a metrocubo pagati in Campania ai 3,33 Del Friuli. Ma in Sicilia, Sardegna, Puglia e Basilicata cavare è, addirittura, un’attività gratuita. Nelle Marche le tariffe variano: 0,59 euro a metrocubo per sabbia e ghiaia, 1 euro/m3  per calcare, 0,29 euro/m3  per pietre ornamentali, 0,35 euro/m3  per argilla. Un dato stupefacente, considerati i danni arrecati all’ambiente e i guadagni del settore, che muove un giro d’affari di circa 5 miliardi di euro l’anno solo per gli inerti.
Per Legambiente ridurre il prelievo di materiali e l’impatto delle cave nei confronti del paesaggio è quanto mai urgente e possibile. «Ridurre il prelievo di cava si può, come dimostrano le esperienze di altri Paesi europei – spiega Luigino Quarchioni, Presidente di Legambiente Marche - Le quantità più rilevanti di materiali estratti ogni anno nelle Marche sono utilizzati per l’edilizia e le infrastrutture: quasi il 60% di quanto viene cavato sono inerti, principalmente ghiaia e sabbia e altri materiali per il cemento. Occorre ridurre il prelievo di materiali dal suolo grazie al riciclo degli inerti e rivedere profondamente i canoni di concessione. In molti Paesi europei il riciclo di inerti ha già superato il 90%; l’Italia è solo al 10% ma grazie a macchinari e centri di riciclo più grandi e organizzati può fare un salto di qualità a standard europei. E’ necessario definire al più presto un nuovo quadro normativo. Ridurre il consumo di inerti di cava nell’industria delle costruzioni, rafforzare controllo e tutela del territorio, spingere l’innovazione del settore sono gli obiettivi prioritari».