Cinese uccisa, condannato il terzo complice

Cinese uccisa, condannato il terzo complice

La banda organizzò un blitz notturno nella villa di un imprenditore cinese con l'obiettivo di rapinarlo

a venti anni di carcere nei confronti di Xie Gong Ming, il cinese latitante accusato di aver partecipato, insieme a due connazionali, al sequestro e all'uccisione di Xu Xuequin, 25 anni, moglie di un imprenditore cinese residente a Grottammare (Ascoli Piceno). Per lo stesso fatto di sangue, commesso nella notte tra il 26 e 27 luglio 2004, i due complici sono già stati condannati: Yonghuy Liang, 34 anni, all'ergastolo; Xiuzhong Ke, 26 anni, a 17 anni e sei mesi di carcere. Con il verdetto a carico dell'imputato, assistito dall'avv. Sergio Gabrielli di Grottammare, i giudici hanno accolto le istanze del pg Gaetano Dragotto. E hanno confermato il diritto delle parti civili - il marito della vittima Jianhua Lai e i suoi due figli, assistiti dall'avv. Andrea Albanese - di essere risarciti e di ricevere una provvisionale esecutiva.   Xie Gong Ming, detto A Gu, era un ex dipendente di Jianhua Lai in una lavanderia industriale. Sua moglie, Feng Mei Liang, inizialmente era stata accusata di essere l'organizzatrice del sequestro, ma poi il gup di Ancona la prosciolse da tutte le accuse.
La banda organizzò un blitz notturno nella villa dell'imprenditore cinese con l'obiettivo di rapinarlo. Poi però i malviventi decisero di rapire Xu Xuequin, chiedendo un riscatto di 600 mila euro per la liberazione. Poche ore dopo, raggiunta la Toscana, la donna venne uccisa con varie coltellate alla gola e gettata, ancora legata e imbavagliata, in fondo al lago di Bilancino, nella zona del Mugello. L'accusa ipotizzò che i rapitori avessero deciso di eliminare l'ostaggio perché Xie Gong Ming era stato riconosciuto dal suo ex datore di lavoro. Il corpo della cinese fu ritrovato il giorno seguente. Xie Gong Ming venne arrestato a San Benedetto del Tronto. Gli altri due uomini, ritenuti gli esecutori materiali del delitto, vennero bloccati subito dopo a Massarosa (Lucca). Tra le possibili motivazioni del sequestro, gli inquirenti avevano ipotizzato anche il controllo del mercato del trattamento dei jeans.