«Ora bisogna cambiare la legge e prevedere pene più severe» per chi, guidando ubriaco o sotto l'effetto di stupefacenti, provoca la morte di persone innocenti. E' il messaggio lanciato dai genitori di alcune delle giovani vittime di Appignano del Tronto, al termine del processo in appello, che si è concluso oggi con la conferma della condanna di primo grado a sei anni e mezzo di carcere per Marco Ahmetovic. C'è ora «più dolore che rabbia» nel cuore di Timoteo Luciani, padre di Alex, uno dei quattro «ragazzi del muretto», travolti e uccisi dal rom, ubriaco alla guida di un furgone. Pur nel suo dolore, Luciani accoglie la conferma della sentenza come una vittoria e «un onore, per noi che ci siamo impegnati in quest battaglia». Dopo la tragedia, Luciani e Luigi Corradetti, padre di David, hanno animato marce e partecipato a manifestazioni, oltre ad essere presenti in varie trasmissioni televisive, per chiedere giustizia. Luciani definisce "ridicola" la pena chiesta dal pm di Ascoli Piceno (quattro anni e due mesi), superata dalla sentenza di primo grado. E quanto ai sei anni e mezzo confermati oggi, spera che Ahmetovic «se li faccia tutti dentro». Fuori della Corte d' Appello, Corradetti ha trattenuto a stento le lacrime. «Anche se avessero condannato Ahmetovic all'ergastolo - ha detto ai giornalisti -. questo non ci avrebbe restituito i nostri figli». Ma «è giusto che se la pena è quella, lui la deve scontare». I familiari dei ragazzi di Appignano del Tronto continuerano a battersi. «Siamo in tempo di elezioni - ha osservato Corradetti - chiunque le vinca dovrà cambiare la legge».
Quello a carico di Marco Ahmetovic è «un processo unico in Italia» secondo l'avv. Felice Franchi, difensore del rom. Nella sua arringa davanti ai giudici della Corte d'Appello, il legale ha ricordato stamane una frase del presidente della Corte d'Appello delle Marche Mario Buffa, che in occasione dell'inaugurazione dell'Anno Giudiziario aveva parlato di «prevenzione» nei confronti del rom responsabile della strage di Appignano. Secondo Franchi, nessuno è stato trattato come il suo assistito nei tanti casi di decessi provocati da incidenti stradali, citando il più recente, quello della donna che a Roma «ha travolto e ucciso una ragazzina, è fuggita, è stata scoperta dai carabinieri mentre il suo carrozziere le stava riparando l'auto ed è stata in carcere solo per tre giorni». Per Franchi inoltre, il processo Ahemetovic è stato «un processo mediatico». E l'avvocato ha definito "maledetto" il rapporto con l'agente Alessio Sundas, «che ha approfittato della solitudine e dell'ingenuità di Marco Ahmetovic», di cui voleva sfruttare l'immagine per il lancio di una linea di abbigliamento e di un memoriale che «dopo diffide su diffide - ha sottolineato l'avvocato - ora è nelle mani dei carabinieri».
Ci sarebbe un'indagine in corso per tentata estorsione sull'agente Alessio Sundas, che mesi fa aveva lanciato il progetto di una linea di abbigliamento e profumi legata a Marco Ahmetovic e un memoriale, e su Marco Fabiani, proprietario dell'appartamento di Porto d'Ascoli, in cui il rom condannato a sei anni e sei mesi per la strage di Appignano, ha trascorso alcuni mesi agli arresti domiciliari. Lo ha rivelato il legale di Ahmetovic Felice Franchi, stamane nell'arringa alla Corte di Appello di Ancona, che ha poi confermato la sentenza di primo grado. Parlando con i giornalisti durante una pausa dell'udienza, l'avvocato ha detto però di non sapere nulla di più sull'indagine. Davanti ai giudici della Corte di Appello ha però avuto parole dure nei confronti di Sundas e Fabiani, spiegando che Ahmetovic aveva inizialmente accettato le proposte dell'agente pubblcitario «per avere un po' di soldi da dare ai familiari delle vittime». Ma poi aveva preso le distanze. «In realtà - sempre secondo il legale - non è Ahmetovic che ha bisogno di Sundas, ma Sundas che ha bisogno di Ahmetovic». Quanto agli arresti domiciliari nel residence di Porto d'Ascoli - dove Ahmetovic è stato più volte ripreso da fotografi e troupe televisive, che sono anche entrate nel suo appartamento, lo stesso rom - secondo l'avv. Franchi - ad un certo punto avrebbe detto che «era meglio stare in carcere». Un permanenza, quella nell'appartamento di Fabiani, che - a giudizio del legale - «non era opportuna, lo avevo anche fatto presente al procuratore della Repubblica di Ascoli Piceno».