La difesa ha sostenuto che la coltellata fu fortuita
equivalenti all'aggravante del legame di parentela tra imputato e vittima. Lo ha deciso oggi con rito abbreviato il gup Paola Mureddu nei confronti di Stefano Sabbatini, 48 anni, l'operaio che, il 12 settembre 2006, uccise il fratello Francesco, di 43 anni, con una coltellata durante una lite nella palazzina dove abitavano a Corinaldo (Ancona). Il pm Stefania Ciccioli aveva chiesto l'irrogazione di 18 anni di reclusione. La parte civile è stata risarcita ed è già uscita dal procedimento. La difesa, rappresentata dagli avvocati Marcellino Marcellini e Mario Scaloni, ha sostenuto che la coltellata fu fortuita e che dunque non si trattò di un omicidio volontario bensì di un delitto colposo o preterintenzionale. A tal proposito, i difensori hanno rilevato come anche la vittima, non si accorse subito di essere stato ferito. L'imputato, secondo la difesa, tentò di soccorrere il fratello a terra e avvertì la cognata per chiamare i soccorsi. Il gup depositerà la motivazione della sentenza entro 90 giorni. La difesa ha già preannunciato il ricorso in appello. Sabbatini, presente in aula per il verdetto, accompagnato dalla scorta di polizia, ha sempre detto di non aver avuto l'intenzione di uccidere e di essersi difeso dall'aggressione del fratello che impugnava una zappa. L'omicidio si consumò durante uno dei tanti litigi originati da questioni ereditarie, legate anche all'immobile di residenza ricevuto dal padre. I difficili rapporti derivavano anche da dispute sull'utilizzo e le spese per servizi della palazzina. Nell'ultimo caso, ha riferito l'imputato, la vittima aveva staccato l'interruttore generale della luce e non voleva che lui lo riattivasse.