Ahmetovic, il procuratore Ponticelli: pena di rigore raro

Ahmetovic, il procuratore Ponticelli: pena di rigore raro

«In 40 anni di servizio mai in Italia una condanna a sei anni e mezzo per omicidio colposo»

«Va in primo luogo premesso - prosegue la nota - che: i magistrati interpretano ed applicano le leggi e non le creano; l'esecuzione delle pene irrogate dalla magistratura penale non può avvenire prime che le sentenze divengano irrevocabili e quindi all'esito dei gradi di giudizio previsti dall'ordinamento; i provvedimenti di misura cautelare personale attengono essenzialmente alla fase delle indagini preliminari per esigenze a queste connesse, salva l'ipotesi di pericolo di reiterazione di gravi reati o di fuga; in nessun caso il giudice può motivare simili provvedimenti con finalità di anticipazione della pena. Alla luce di tali inderogabili principi - aggiunge il procuratore - nel caso dell'Ahmetovic va rilevato che: in un sistema asfittico qual è, purtroppo, quello attuale della giustizia italiana il cui male essenziale è costituito dall'eccessiva lunghezza dei processi, si è pervenuti, dopo indagini preliminari anche complesse, con audizione di numerosi testimoni, accertamenti tecnici di varia natura e finalità ed altri incombenti, alla celebrazione del processo di primo grado ed alla sentenza di condanna dell'imputato entro un termine inferiore a sei mesi. Con riferimento alla natura dei reati contestati all'Ahemetovic ed alle pene edittali previste dalla legge - rileva - la pena detentiva irrogata dal giudice monocratico del Tribunale di sei anni e sei mesi di reclusione, contrariamente a quanto da più parti lamentato, appare di un rigore raro se non eccezionale considerata la prassi dei Tribunali italiani (in quarant'anni di esperienza cone magistrato penale non ho ricordo di una pena di tale misura applicata per delitti colposi, anche di simile gravità, connessi a sinistri stradali). E' altrettanto raro - aggiunge - che persone sottoposte ad indagini o imputate di delitti colposi subiscano misure cautelari per un considerevole periodo di tempo come avvenuto nel caso dell'Ahmetovic (circa cinque mesi di custodia carceraria e attualmente agli arresti domiciliari). Devo a tal proposito ribadire con forza che l'anticipata e provvisoria esecuzione della pena applicata con sentenza oggetto di impugnazione (il processo nei confronti dell'Ahmetovic è ora pendente innanzi alla Corte d'Appello di Ancona) è istituto estraneo al nostro sistema penale anche se ne viene invocata in sede di riforma da parte del potere legislativo l'introduzione per certe fattispecie. Per quanto riguarda le modalità di esecuzione della misura degli arresti domiciliari, che - precisa Ponticelli - ha natura cautelare, atta esclusivamente a prevenire e scongiurare o il pericolo di inquinamento delle fonti di prova o il pericolo di fuga o quello di reiterazione di gravi attività delittuose così come previsto dall'art. 275 del codice di procedura penale, è categoricamente da escludere che esse debbano avere finalità afflittive e punitive nei confronti dell'imputato. Così che nessuna disposizione di legge (né lo potrebbe alcun provvedimento del giudice) preclude che gli arresti siano connotati da condizioni più o meno confortevoli. Nel caso dell'Ahemetovic pertanto - spiega - non sussiste alcuna anomalia nel fatto che questi, per l'ospitalità concessagli da un comune cittadino, si trovi in un appartamento di San Benedetto del Tronto dal quale non gli è consentito uscire. Con riferimento, infine, alle più recenti polemiche, condivido - rimarca - l'indignazione per lo sfruttamento dell'immagine dell'Ahmetovic a scopi commerciali. Si tratta di iniziative moralmente esecrabili (alle quali sembra che l'Ahmetovic si sia dichiarato estraneo) ma non illegittime né attiene ai poteri dell'Autorità Giudiziaria impedirle. Il fallimento auspicabile di esse - conclude Ponticelli - potrà essere conseguito solo con la risposta del pubblico a ciò opportunamente sensibilizzato dai 'media'. Tanto dovevo a difesa dell'operato dei magistrati della Procura e del Tribunale di Ascoli Piceno, ai quali ritengo non possa essere mossa alcuna censura e ingiustamente accusati di eccessiva indulgenza».

Il ministero della Giustizia invia gli ispettori. «Non c'è nessuna ispezione che mi risulti, in ogni caso se anche vi fosse non rileverà nessuna anomalia nell'operato di questa Procura, in particolare in riferimento alla vicenda Ahmetovic». Con queste parole il procuratore capo della Republica di Ascoli Franco Ponticelli, rompendo per la prima volta il silenzio, commenta la notizia degli accertamenti disposti ieri dal Guardasigilli Clemente Mastella a seguito delle vicende mediatiche che hanno per protagonista il rom autore della strage di Appignano. Ma una nota del ministero della Giustizia fa sapere che l'Ispettorato Generale ha già avviato gli accertamenti necessari a chiarire gli esatti termini della vicenda. Nella nota del ministero si ribadisce che il Guardasigilli «ha nuovamente espresso grande sconcerto e profonda amarezza di fronte alla possibilità che qualcuno guadagni notorietà, oltre che soldi, dai gravi lutti che ha cagionato, mentre le famiglie delle vittime sono annichilite dal dolore». Gli ispettori hanno chiesto «le necessarie delucidazioni al presidente della Corte d'appello e al procuratore generale di Ancona per verificare quali siano le precise disposizioni, relative al comportamento che Ahmetovic deve tenere  durante il regime degli arresti domiciliari applicati con l'ordinanza di custodia cautelare. Fra questi, l'eventuale divieto di avere contatti con persone estranee al nucleo familiare».