Ahmetovic, le motivazioni del giudice Bartoli

Ahmetovic, le motivazioni del giudice Bartoli

«Il pericolo di reiterazione del reato neutralizzato con gli arresti domiciliari»

E' il punto chiave delle motivazioni della sentenza con cui il giudice del Tribunale di Ascoli Piceno Marco Bartoli il 5 ottobre scorso ha condannato a sei anni e mezzo di carcere Marco Ahmetovic, colpevole di aver guidato ubriaco un furgone la sera del 23 aprile del 2007 ed aver investito ed ucciso Eleonora Allevi, Davide Corradetti, Alex Luciani e Danilo Traini, fra i 16 e i 18 anni. Una condanna più pesante di quella chiesta dal pm Carmine Pirozzoli di 4 anni di reclusione. L'accusa aveva infatti riconosciuto equivalenti le aggravanti e le attenuanti. «Il Tribunale ritiene, senza ombra di dubbio, che le prime prevalgano sulle seconde" scrive Bartoli, riferendosi alle tre aggravanti (guida in stato di ebbrezza, abitualità dell'ubriachezza, colpa cosciente con previsione dell'evento), e all'unica attenuante riconosciuta, quella "generica" perché incensurato e per aver avuto un positivo comportamento processuale che ha "reso possibile una rapida conclusione del dibattimento». Nessuna rilevanza ha invece assunto per il giudice "la giovane età" dell'imputato invocata dal difensore, l'avvocato Felice Franchi, che aveva chiesto una condanna "non esemplare". Bartoli ha tenuto conto non solo degli esami del sangue effettuati la sera dell'incidente, delle testimonianze di vari baristi della zona e di un automobilista che aveva segnalato alla Polizia già nel pomeriggio la guida pericolosa lungo l'asse attrezzato. Fatti che attestano che Ahmetovic aveva bevuto molto. Importanti, però, ai fini dell'entità della condanna anche gli esami clinici e altre testimonianze attestanti che il rom era un "bevitore abituale". «La colpa è consistita anche nell'essersi posto alla guida del furgone nonostante il suo stato di ebbrezza acuta e, quindi, senza minimamente curarsi del grave pericolo che ciò avrebbe comportato per la sicurezza della circolazione stradale» afferma infatti il giudice Bartoli, secondo il quale dagli stessi dati di fatto si evince, sul piano della personalità dell'imputato, «la non occasionale antisocialità della condotta di vita, l'incapacità di autocontrollo e l'insensibilità verso l'incolumità degli altri». Sulla concessione dei domiciliari ad Ahmetovic, che tante polemiche ha scatenato, il giudice ascolano ha spiegato di aver ritenuto che «il pericolo di reiterazione del reato potesse essere adeguatamente neutralizzato con la misura custodiale attenuata».

Nuove minacce ad Ahmetovic

Nuove minacce di morte sarebbero state rivolte stamattina a Marco Ahmetovic da alcune persone che si sono presentate davanti al residence di San Benedetto dove il giovane sconta gli arresti domiciliari. A riferirlo è stato l'italiano che lo ospita, che ha subito chiamato il 112, il 113 e il difensore di Ahmetovic, l'avv. Felice Franchi. Secondo il racconto dell'uomo, verso le 11,30 due donne sui trent'anni si sarebbero avvicinate al residence chiedendo informazioni sugli appartamenti. Lui, che si trovava sul terrazzo, ha risposto, ma quando è stato raggiunto da Ahmetovic le due signore avrebbero detto di essere parenti dei ragazzi morti, e si sarebbero messe a gridare frasi come «Brutto zingaro di m...., ti ammazzeremo!».  A quel punto l'italiano ha telefonato alle forze di polizia, mentre le due donne si allontanavano a bordo di una 'Fiat Punto', per fermarsi poco più oltre continuando a lanciare insulti contro il rom, insieme ad altre tre o quattro persone, uomini e donne, che nel frattempo le avevano raggiunte. «Ho paura, sono sconvolto» ha mormorato Ahmetovic secondo il suo amico, che ha annotato e fornito agli investigatori il numero di targa della 'Punto'. La vigilanza dinamica di carabinieri e polizia attorno al residence prosegue come prima.