Ascoli - Il Natale è sempre quello più
propizio per approvare leggi e regolamenti che nascondono fregature o
balzelli e la Regione Marche - rispetto a questa cinica consuetudine
– non ha voluto fare eccezione. I comuni marchigiani infatti lo
scorso 22 dicembre si sono visti recapitare da Ceriscioli un bel
“pacco” rappresentato dalle “Nuove Norme per la costruzione in
zone sismiche nella Regione Marche”.
La Regione, quasi alla
chetichella, ha trasferito ai comuni alcune funzioni in materia
sismica di enorme complessità senza preoccuparsi di assicurare alle
amministrazioni locali le risorse umane e finanziarie necessarie per
assolvere a tali incombenti. Ma andiamo per ordine. Attualmente i
progetti edilizi in zona sismica vengono depositati al Genio Civile,
già ufficio periferico dello Stato, poi passato (con il relativo
personale) alle province e, per effetto della famigerata Legge Del
Rio, infine attribuito (con il relativo personale) alla Regione.
La
procedura sismica sinora prevedeva che all’accettazione del
progetto venisse fatto un controllo informale degli atti ed un
controllo a campione mensile. L’attestazione di deposito
(rilasciata mediamente entro 15 giorni) permetteva di iniziare i
lavori. La Regione Marche , legittimamente, ha deciso di cambiare
passando dal mero deposito del progetto alla richiesta di una vera e
proprio autorizzazione scritta. Fin qui tutto bene. Dapprima sembrava
che la Regione intendesse garantire questa evoluzione (che richiede
una verifica dei progetti molto più approfondita di quella che viene
fatta oggi), potenziando gli uffici del Genio Civile in modo da farli
operare efficacemente con il nuovo regime.
Successivamente,
però, si è deciso furbescamente di trasferire tout court la
competenza ai Comuni con più di 5000 abitanti (mentre quelli più
piccoli potranno avvalersi del Genio Civile per altri 5 anni,
trascorsi i quali dovranno provvedere autonomamente). Il Consiglio
Regionale, lo scorso 22 dicembre, ha visto bene di accreditare
quest’ultima versione che rappresenta un clamoroso esempio di
“trasferimento del cerino” dalla regione ai comuni. Tutto questo
in barba ai più elementari principi di leale collaborazione tra enti
e senza il minimo rispetto delle condizioni reali in cui i sindaci
sono costretti ad operare.
I comuni marchigiani - devastati
da anni di tagli e di blocco del turn over – dovrebbero ora
assumersi la responsabilità di garantire il rilascio, entro 60
giorni, di un’autorizzazione all’esito di un procedimento
complesso e specialistico che comporta assunzione di enormi
responsabilità nel campo della sicurezza delle persone. Facile
riempirsi la bocca con i richiami alla sicurezza, scaricando le
responsabilità sugli altri senza trasferire neppure le risorse umane
necessarie. L’auspicio è che la Corte Costituzionale possa fermare
al più presto questo scempio.