Secondo l’enciclopedia Treccani,alla voce “lobby” si legge: “Gruppo di interesse che opera nelle sedi istituzionali di decisione politica attraverso propri incaricati d’affari”. Una trasparente attività di affari è parte integrante di una sana democrazia,ma senza una chiara ed efficace regolamentazione sono solo i gruppi con più risorse e contatti ad influenzare le decisioni politiche.
Di recente Transparency International ha pubblicato un rapporto preoccupante; ha misurato le performance dei singoli Paesi Europei e delle istituzioni UE riguardanti la regolamentazione delle lobby,in quanto l’attività di questi “facilitatori di business”è scarsamente trasparente.
L’Europa non regge il confronto con Stati Uniti e Canadà ove vigono regole strettissime per coloro che esercitano questa professione. Dei 19 Paesi europei esaminati solo 7 presentano leggi o regole specifiche che disciplinano le attività di lobby:sono Austria,Francia,Irlanda,Lituania,Polonia,Slovenia e Regno Unito. Se si considerano tutti i Paesi e le istituzioni europee prese in esame, il punteggio medio è pari al 31 per cento,ben al disotto del punteggio ideale (100).
L’unico Paese che ottiene un punteggio superiore al 50 per cento insieme alla Commissione Europea, è la Slovenia dove esistono norme precise che impongono ai funzionari pubblici di riferire ogni comunicazione avuta con lobbisti. Nel caso sloveno vi sono però vuoti normativi e carenze attuative.
In quanto a regolamentazione delle lobby l’Italia ottiene un modesto 20 per cento collocandosi al terz’ultimo posto. Peggio dell’Italia ci sono solo Cipro ed Ungheria (14%),mentre altri Paesi mediterranei presi in esame come Spagna e Portogallo raggiungono rispettivamente 21 e 23 su 100.
Bruxelles è seconda solo a Washington quanto a densità di lobbisti. I più attivi sono i tedeschi e francesi,ma anche le aziende a stelle e strisce fanno la parte del leone. A premere sono gruppi finanziari che investono oltre 100 milioni di dollari l’anno per interventi regolatori su Farmaceutica,Telecomunicazioni, Energia eTabacchi come la Philiph Morris,la EXXON,la General Electric,ed ora anche la cinese Huawei.
L’italiana Enel ha sette lobbisti a Bruxelles segue poi la Fiat,quindi l’ENI,Ferrovie dello Stato,Mediaset,Edison,Barilla,Unicredit,ognuno con budget di spesa per cene o eventi da sponsorizzare che, secondo dati non ufficiali,dovrebbero non superare il mezzo milione di euro l’anno.
I dati dimostrano che le istituzioni europee non sono immuni dallo strapotere degli interessi dei lobbisti. In proposito le Istituzioni europee hanno istituito nel 2011 e modificato di recente, un regolamento per l’iscrizione delle lobby ad un registro, che attualmente è su base volontaria ma senza i necessari correttivi rischia di rimanere priva di importanza.
Un segnale per la trasparenza l’ha lanciata la Commissione Juncker rendendo obbligatorio per i Commissari,i Membri dei Gabinetti ed i Direttori Generali la pubblicazione delle informazioni relative ad ogni incontro avuto con i lobbisti. E’ una strada accidentata ma va percorsa fino in fondo per arrivare alla trasparenza come la vogliono i 550 milioni di cittadini europei amanti della democrazia.