Abolizione delle quote latte e volatilità dei prezzi

Abolizione delle quote latte e volatilità dei prezzi

Gli italiani hanno pagato 4,5 miliardi di multe per aver sforato le quote latte

Roma. Dopo trenta anni, il regime  delle quote latte cessa di esistere in Europa.

Il termine è giunto mercoledì 1 aprile quando il Commissario europeo per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale Phil Hogan ha affermato che: “l’abolizione delle quote latte è al tempo stesso una sfida ed una opportunità per l’Unione europea”.

Una vera e propria sfida, in quanto ora una intera generazione di produttori di latte dovrà abituarsi a vivere in un ambiente segnato da una certa volatilità, ma l’abolizione potrebbe rappresentare anche una opportunità  di crescita  di posti di lavoro per prodotti a valore aggiunto con la creazione di un solido settore lattiero-caseario.

I produttori italiani hanno nostalgia del sistema delle quote latte dopo battaglie, multe e polemiche.

Nel tempo il nostro Paese è riuscito a far pagare ai cittadini una cifra vicino ai 4,5 miliardi di euro di “multe”,ovvero sanzioni previste dal regolamento comunitario approvato nel lontano 1984.

All’epoca la regolamentazione era semplice,l’offerta di latte si apprestava a superare di gran lunga la domanda con il rischio che il prezzo troppo basso potesse danneggiare gli allevatori.

Da qui l’idea di fissare per ogni Stato membro  quote massime di produzione  da suddividere poi tra i singoli allevatori nazionali. Superata tale quota il produttore sarebbe incappato in una sanzione per “sovrapproduzione”.

L’Italia  nel 1984 si trovò  impreparata, forse per dilettantismo o irresponsabilità dei funzionari preposti, il calcolo della quota  di produzione lattiera fu commisurata con dati Istat del 1983 che risultarono poi sottostimati rispetto alla produzione reale che era in crescita.

All’Italia venne quindi assegnato un quantitativo di riferimento estremamente basso che rese facile per gli allevatori incappare nella sovrapproduzione.

Tardivamente l’allora ministro dell’Agricoltura Filippo Maria Pandolfi si rese conto dello sbaglio e per tacitare gli allevatori, affermò che questi non sarebbero stati colpiti dalle sanzioni grazie “ad un accordo informale per cui – se così non fosse stato – l’Italia avrebbe disapplicato il regolamento”.

A Bruxelles la pensavano diversamente e le multe dirette all’Italia non tardarono ad arrivare, senza che le insistenti richieste provenienti da Roma per rinegoziare le quote sortissero effetto.

Si scatenarono le proteste degli allevatori italiani che reputarono ingiuste le sanzioni ricevute.

Una situazione scomoda che tutti i governi che si sono succeduti negli anni hanno risolto pagandoloro”le multe al posto degli allevatori. Questa soluzione e finita però per gravare su tutti i cittadini ed a farne le spese sono stati i contribuenti compresi quei produttori  che avevano rispettato il regolamento. La revisione del regolamento , l’ultima è del 2008,hanno aumentato le quote di produzione ma non hanno evitato all’Italia di collezionare ulteriori multe. Dal 1995 al 2009 abbiamo maturato ammende per oltre 2,3 miliardi di euro, in buona parte pagati dai governi.

A poche settimane dalla fine del sistema la Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia della UE in quanto ha ritenuto questa  pratica scorretta, ed assimilabile ad aiuto di Stato

imponendo al nostro Paese di  riscuotere 1,4 miliardi di euro dai nostri allevatori.

In attesa della sentenza della Corte, lo Stato italiano si è impegnato con la Commissione in un piano di recupero dei prelievi della durata di 14 anni.

Ora la nostra  libertà produttiva  del mercato lattiero caseario,dovrà fare i conti con la produzione francese,olandese e tedesca che risultano, a livello europeo, più competitive.