Roma. Mercoledì 18 febbraio Papa Francesco nella sua omelia ha ricordato i 21 copti egiziani assassinati giorni prima in Libia dai terroristi dell’ISIL. Milioni di persone hanno veduto le immagini rituali dei cristiani che vengono sospinti sulla riva del mare,fatti inginocchiare ed orribilmente sgozzati. Una agghiacciante esecuzione che ha fatto inorridire il mondo.
Un occidentale non esperto non avrebbe potuto accorgersene ma il vescovo copto cattolico di Giza, cittadina egiziana,Anba Antonios Aziz Mina, ha rivelato che nel guardare attentamente il video dell’esecuzione dei ventuno lavoratori cristiani copti, ha potuto osservare che i condannati negli ultimi istanti hanno invocato il nome di Gesù .
Umanamente sarebbe stato più comprensibile,in quel momento, che avessero supplicato pietà,invece hanno invocato il Cristo. Solo poche parole afone, subito travolte nel torrente di sangue.
Quell’ultimo labiale i terroristi non lo avevano previsto e non sono riusciti a censurarlo. Pronunciando davanti alla morte il nome di Gesù, è stato per i sacrificati come un annientarsi alla vita per ritrovarsi in Lui salvati.
Il terrore è ora arrivato in Libia a poche ore di viaggio dalle coste italiane. L’espansione del Califfato in questo Paese, è solo uno dei tanti “errori”lasciati nel Mediterraneo dalla sconsiderata strategia del presidente francese Sarkozy che scatenò nel 2011 una folle guerra per deporre il presidente libico Gheddafi.Gravissimo errore, per il quale nessuna delle potenze occidentali intervenute si è scusata. Sin dai primi anni del 2000 il rais controllava,nel bene e nel male, con il consenso di Stati Uniti e di alcune potenze occidentali, i movimenti estremisti di base in Cireanica. Dopo l’uccisione di Gheddafi la Libia si trova da tempo in una situazione di anarchia e viene qualificata dalle potenze occidentali come uno stato “fallito”. Il governo di Tobruk è quello riconosciuto come il governo legittimo dalla comunità internazionale ma controlla ben poco ed è contrapposto a quello di Tripoli. I miliziani jihadisti filo ISIL che ora insanguinano il golfo della Sirte, sono quelli che combattono in nome del califfo Abu Bakr al Baghdadi e sono i sopravvissuti del jihadismo storico della Cirenaica
Tutto è cominciato a Derna, ridente cittadina di 100 mila abitanti nella baia della Cirenaica, ove nell’ottobre del 2014 un gruppo di giovani jihadisti la hanno proclamata come l’avamposto dell’ISIL sul Mediterraneo. Da qui la loro rete si sta estendendo ed è guidata dal religioso saudita al Baraa el Azdi. Derna è diventata la testa di ponte del Califfato. Qui l’emiro al Anbari, affiliato di al Baghdadi è il potente governatore con diritto di vita e di morte,ha bandito la musica,la tv ed i tablet,nelle scuole ha diviso i sessi. Amministra la giustizia e le sentenze vengono eseguite nello stadio di calcio con esecuzioni che vanno dalle frustate, alle amputazioni, alle decapitazioni. Ora la presenza dei jihadisti dell’ISIL si sta spostando a Tripoli ed è di pochi giorni fa la notizia che uomini di al Baghdadi sono a Sirte ed in altre località ad Ovest.
E’ allarme per le armi chimiche, iprite e gas nervino, che secondo un quotidiano inglese panarabo di Londra, sarebbero state trafugate da arsenali segreti del regime di Gheddafi e sarebbero ora in mano a milizie libiche avversarie dell’esercito regolare libico.
Il territorio libico con 1milione e 760.000 kmq è il quarto stato africano per superficie ed una popolazione di solo sei milioni di abitanti. In proporzione l’Afganistan ,territorio anche esso non pacificato, ha una superficie di 652.864 kmq ed una popolazione di circa 30 milioni di abitanti.
In questo momento in Libia la produzione di petrolio è calata vertiginosamente, traffici di armi aggravano la situazione, divenuta ancora più pericolosa con la proclamazione del califfato. Il paventato dissolvimento della Libia con la nascita di due stati indipendenti non si è concretizzato perché le oltre 200 tribù,e le bande armate non sono riuscite ad organizzarsi in un modello statale. E’ difficile immaginare che paesi come la Libia con tradizioni differenti dalle nostre, possano passare in breve tempo da un regime autoritario come era al tempo di Gheddafi ad uno democratico. L’Italia attraverso le parole del Ministro degli esteri Paolo Gentiloni si è resa disponibile ad un intervento militare ma solo sotto l’egida ONU escludendo ogni intervento unilaterale. Un attacco missilistico di un gruppo terroristico proveniente dalla costa libica sul nostro territorio è da escludere, ma in tal caso l’Italia avrebbe diritto di reagire in legittima difesa senza dover richiedere l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza. Gli alleati europei potrebbero intervenire a fianco dell’Italia che avrebbe il diritto di invocare l’art.47 del trattato UE,ma questa azione militare deve fare i conti con il trattato di amicizia e cooperazione del 2008 con la Libia, che stabilisce il divieto di compiere atti ostili in partenza dai rispettivi territori, c’è da stabilire se questo trattato è ancora in vigore dopo l’intervento, “obtorto collo “, del 2011 dell’Italia contro Gheddafi.
In Libia al momento sono presenti truppe egiziane che assieme agli emirati Arabi Uniti ed Arabia Saudita vogliono la messa al bando dei movimenti islamici ispirati ai Fratelli Mussulmani – dei quali parleremo diffusamente fra giorni – mentre la Turchia, di contro, li ha aiutati, armati e sostenuti politicamente.
E’ di ieri la notizia che il ministro degli esteri russo Lavrov dopo l’annuncio della decapitazione dei 21 egiziani copti, ha affermato che Mosca è pronta ad inviare un contingente per combattere con gli egiziani i terroristi dell’ISIL.
Un rigido blocco aero-navale della UE potrebbe essere accompagnato da altre operazioni sul territorio libico per sventare eventuali attacchi.