La crisi ucraino-russa incentrata
sulla Crimea sembra aver incoraggiato i movimenti secessionisti. La
proclamazione da parte di comunità, a forte concentrazione di filo
russi ,in alcune cittadine dell’est europeo , tese a favorire lo
svolgimento di referendum per il ricongiungimento alla “Madre
Patria Russia”,conferma che è in atto la seconda fase della
strategia geopolitica di Mosca.
I riflettori sono sempre puntati sulla
zona orientale dell’Ucraina che potrebbe sfociare in una escalation
delle rivendicazioni come a Tiraspol, capitale della Transnistria,
regione secessionista della Moldova, dove il parlamento ha avviato
negoziati per la proclamazione della propria riunificazione a Mosca.
La Transnistria è una regione a
maggioranza russo-ucraina con mezzo milione di abitanti,dichiaratasi
indipendente nel 1992, alla caduta dell’Unione Sovietica dopo un
breve conflitto militare con le forze moldave. Secondo fonti diplomatiche, in queste
ultime settimane, dopo il referendum in Crimea.
In Moldova,oltre la secessione della
regione della Transnistria si è manifestata l’insofferenza delle
comunità slavofone ed in particolare di quelle della regione della
Gagauzia popolata da comunità rom filorusse .I progetti di federalizzazione della
Moldova si scontrano con lo scoglio delle rappresentanze delle varie
etnie negli organi federali.
La maggioranza della popolazione è
sempre più integrata con la Romania che vede come sua madrepatria ed
anelano alla ricostituzione di quella che fu la Grande Romania dopo
la prima guerra mondiale. Su tre milioni di abitanti quasi mezzo
milione hanno la doppia cittadinanza moldovena e romena.
Questo scenario sembra riprodursi a
Donestsk, Karckhiv ed in altre regioni dell’Ucraina a maggioranza
russa dove lunedì sette aprile attivisti russofoni hanno occupato
alcune istituzioni locali. Altre rivendicazioni nazionali sono
avvenute, a metà marzo, anche all’interno dell’Unione Europea,
non trapelate sui media. Tensioni ci sono state tra ungheresi e
romeni con scontri tra nazionalisti ungaro-secleri e la polizia
romena in Transilvania, il giorno in cui gli autonomisti della
minoranza seclera di lingua e cultura ungherese, hanno ricordato la
rivoluzione di Pest del 1848. La minoranza ungherese conta in
Transilvania un milione e mezzo di ungarofoni, la metà dei quali è
concentrata in un paio di province nel centro del paese.
La secessione della Crimea rischia
quindi di creare un effetto dirompente in Occidente fino in
Ungheria.Così la Transnistria vorrebbe fondersi con Bucarest,gli
ungarofoni con Budapest,la Crimea ed altre regioni russe dell’Ucraina
a Mosca.
Ad alimentare il secessionismo è
l’assenza di un assetto federale dei paesi postcomunisti che
comprendono aree etnicamente e culturalmente differenziate.
In queste regioni dell’est europeo i
federalisti sono filorussi ed antieuropei il chè non aiuta Bruxelles
nella sua strategia di contenimento dell’espansionismo russo.