All'insegnante a tempo determinato va
riconosciuta la differenza tra la retribuzione erogata in forza di
plurimi contratti a termine e quella che sarebbe stata percepita con
rapporti analoghi, ma a tempo indeterminato. Lo ha stabilito la Corte di
Cassazione, con ordinanza n. 29449/2017, che ha rigettato il ricorso
del Ministero dell'Istruzione contro 11 precari delle scuole marchigiane
difesi dagli avvocati Simona Cognini e Matteo Catalani dell'Ufficio
vertenze della Uil Scuola Marche.
Le ragioni dei dipendenti precari
erano già state riconosciute in primo e secondo grado. Il Miur, in
entrambi i casi condannato a pagare le differenze retributive, non si è
dato per vinto ed è ricorso alla Suprema Corte sostenendo che i rapporti
di lavoro in ambito scolastico sono assoggettati a una normativa
speciale, non vi sarebbe abuso stante la sussistenza di “ragioni
oggettive” per la reiterazione dei contratti a termine e i dipendenti a
tempo determinato non sono comparabili con i docenti di ruolo perché
"ogni singolo rapporto è distinto e autonomo rispetto al precedente".
Nulla
da fare. I docenti e i collaboratori scolastici, assunti con contratti a
tempo determinato hanno diritto al riconoscimento delle differenze
retributive. Nel rigettare le motivazioni del Ministero, gli ermellini
hanno fatto riferimento all'Accordo quadro sul rapporto a tempo
determinato recepito dalla normativa europea 1999/70,
nell’interpretazione della Corte di Giustizia Europea, che impone agli
Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato condizioni
che non siano meno favorevoli rispetto ai colleghi a tempo
indeterminato. In molti casi parliamo di lavoratori che dopo anni di
impiego, magari sempre nello stesso istituto, si ritrovavano senza
alcuna progressione stipendiale.
«
È dal 2010 che andiamo avanti
con queste cause e finalmente si dà il giusto riconoscimento al
personale che poi è la vera anima della scuola – commenta
Claudia
Mazzucchelli, segretaria della Uil Scuola Marche -
Abbiamo innescato
questo meccanismo dal punto di vista sindacale e poi giudirico e siamo
riusciti a far riconoscere questo diritto che è economico ma che
parifica anche i lavoratori. In molti casi parliamo di un precariato
anomalo perché non si tratta di un lavoratore che copre il vuoto di un
altro, magari per malattia, ma di vero e proprio personale in organico».
Un filone che in questi anni ha tenuto banco nei tribunali delle
Marche.
L'ufficio vertenze della Uil Scuola regionale, con gli avvocati
Simona Cognini e Matteo Catalani, ha seguito finora ben 101 precari. Per
alcuni (35 ad Ancona, 4 a Macerata, 1 a Pesaro, 1 a Fermo e 1 ad
Ascoli) vittoriosi in primo grado, il Miur non ha proposto appello. Per
26 vittoriosi sia in primo grado che in appello, il Ministero, dopo aver
inizialmente promosso ricorso in Cassazione, ha rinunciato. Al momento
pende il giudizio in Cassazione per 16 lavoratori mentre per altri 6 (4 a
Pesaro, 1 a Macerata e 1 a Urbino) è in corso il giudizio il primo
grado.