Ascoli - “Con 2 Sì Tutta un'altra Italia”, è lo slogan con il quale è partita la campagna referendaria nazionale della Cgil dopo la raccolta di 3 milioni di firme. E' una battaglia per ristabilire diritti nel lavoro e vuole portare al voto 26 milioni di italiani.

La campagna per i due referendum popolari, che dovranno tenersi entro il 15 giugno, è partita ieri a livello nazionale.

Ad Ascoli Piceno Paola Giovannozzi, segretaria provinciale della Cgil e Daniele Lanni, responsabile NIdiL Cgil (Nuove Identità di Lavoro – ex interinali e lavoratori atipici), spiegano la necessità dei referendum con dati alla mano. L'obbiettivo è quello dell'Abrogazione dei Voucher e introdurre la Responsabilità solidale negli Appalti.

“I dati dell'Inps dicono che nel 2016 in provincia di Ascoli Piceno sono stati acquistati 825 mila voucher – dice Paola Giovannozzi – Rispetto al 2015 c'è un incremento del 28,1 per cento, mentre è del triplo rispetto al 2014. In un territorio nel quale rispetto al 2015 sono state fatte meno di 2.500 assunzioni. Ma c'è una zona grigia: nei dati Inps non compare né il settore della manifattura né quello della pubblica amministrazione. E proprio in questo limbo c'è un'esposizione ai voucher impressionante. Si parla del 343 per cento, come aumento rispetto al 2014 per il settore “altri servizi”che tradotto poi sono il manifatturiero e il pubblico impiego. In questo settore l'utilizzo dei voucher è del 52 per cento rispetto al totale, mentre giardinaggio e agricoltura, che sono i settori per i quali i voucher sono nati, l'utilizzo si attesta intorno al 15 per cento”.

La riflessione di Paola Giovannozzi e Daniele Lanni nasce dalla fotografia che stigmatizza come dai 2.500 avvi in meno nel mondo del lavoro nel 2016 e di fronte al monte ore di voucher venduti, potevano lavorare normalmente con contratto a tempo indeterminato o determinato 500 persone con assicurazione, contributi e stipendio pieno.

“In realtà – dicono Giovannozzi e Lanni – nella normativa non è scritto da nessuna parte che un voucher corrisponda a 1 ora. Il datore di lavoro può dare alla persona un voucher e farlo poi lavorare anche per 6 ore. Perché anche se mezzora prima dell'utilizzo si manda un sms per la tracciabilità, in realtà non c'è personale sufficiente per fare i controlli”.

Come è nato il conto dei 500 posti di lavoro che potevano essere creati?

“ Abbiamo diviso 825 mila voucher – spiega Daniele Lanni - per l'orario annuale di un lavoratore full time, considerando che 825 mila voucher dovrebbero corrispondere a 825 mila ore, ma così non è, il sistema dei voucher ha tolto al Piceno 500 posti di lavoro con tutte le garanzie del caso. Il fenomeno voucher coinvolge circa 2.400 lavoratori”.

La Cgil non si nasconde una realtà: il lavoro occasionale esiste in tutta Europa. Quali sono però le differenze con l'Italia?

Il punto di rottura è nel fatto che ci deve essere un contratto con i contributi come in tutto il resto dell'Europa.

Questo vuol dire che c'è un minimo di garanzia (ferie, maternità, contributi) che in Italia non c'è con questo sistema e per questo la Cgil vuole abrogarlo.

“I due referendum – spiega Paola Giovannozzi – servono appunto a dare una spinta alla proposta di legge che in questi giorni speriamo sia incardinata in Parlamento per la discussione. Vogliamo la discussione perché cambierebbe tutto ciò che concerne il mondo del lavoro: diritti e tutele per tutti a prescindere del lavoro che si svolge. Parliamo quindi anche di lavoro autonomo. Per queste ragioni chiediamo di votare sì. Lo stesso discorso vale per il lavoro in appalto. Chiediamo che si ripristinino le garanzie precedenti: la responsabilità solidale. Che non ci siano differenze tra lavoratori che siano occupati in un lavoro in appalto o dipendenti dell'azienda. Prima – aggiunge Giovannozzi - se una cooperativa non pagava i propri dipendenti, sia che avesse preso un appalto o un subappalto il lavoratore comunque veniva pagato. Oggi ci sono purtroppo molti casi nei quali i lavoratori non hanno più la garanzia di ricevere quanto dovuto. Ad esempio, se ci fosse una ditta che abbia affidato ad un'altra azienda o cooperativa un lavoro in appalto e l'abbia pagata, nel caso la subappaltatrice non pagasse i propri lavoratori non viene chiamata a rispondere. Chiediamo che ci sia invece una responsabilità solidale”.

Questi dati fanno riflettere ulteriormente sulla situazione del Piceno: sono stati licenziati per giusta causa nel Piceno  2.127 persone nel 2015 mentre nel 2016 ammontano a 2.437 con un aumento di 310 licenziati e quindi una percentuale del 14,6% rispetto al 2015.