Ascoli - E’ tempo di olio nuovo, i frantoi stanno lavorando a pieno regime e per fortuna i report fanno dimenticare la stagione passata che ha visto quasi tutta Italia a corto del prezioso e salutare nettare.
Però arriva la notizia che non ti aspetti: la Capitaneria di Porto che va a controllare gli scarichi di un prestigioso oleificio della vallata picena.
E’ uno dei problemi del nostro Paese, dove i legislatori a volte non incrociano i dati sulle competenze di controllo di molte strutture statali, regionali e provinciali.
Non stiamo dicendo che il personale della Capitaneria non stessero svolgendo compiti che spettano loro, ma il loro fondamentale supporto, sia in termini di prevenzione che di aiuto, convalidato dalle cronache recenti e passate in mare aperto su diversi fronti, lo immagini tradizionalmente su quel fronte.
Anche perché altre strutture, dal Noe e al Nas dei Carabinieri, all’antifrode della Guardia di Finanza, alle agenzie regionali come l’Arpam, sono già addette a questi compiti.
La lamentela di molti produttori in olivicoltura è quella del tempo impiegato e tolto al lavoro del controllo. “Non è che non si vogliano i controlli – dice il prof. Leonardo Seghetti –presidente del Consorzio di tutela dell’oliva ascolana del Piceno Dop – ma quando un imprenditore agricolo se ne vede accumulare dieci, quando una solo ente potrebbe farli tutti e in un’unica soluzione, non sta chiedendo la luna. Sta chiedendo di essere controllato in modo razionale, senza però essere penalizzato nelle ore di tempo da dedicare al lavoro”.
Come dar torto al prof. Seghetti?
E per tornare agli scarichi di un frantoio, occorre anche specificare che si tratta di scarichi vegetali, quindi biologici, non si immetterebbero comunque in acqua sostanze cancerogene o chimicamente distruttive.
Forse sono altri e ad altre realtà a dover essere controllate che spesso lavorano nell’illegittimità a discapito della comunità.