Nonostante qualche timido segnale di ripresa prosegue nelle Marche la crisi dell’edilizia. Il comparto nei primi sei mesi del 2014 ha visto diminuire l’attività per il 48,3% delle imprese edili marchigiane.
In flessione anche il credito del sistema bancario regionale al settore delle costruzioni: meno 14,1%. e un forte ritardo della pubblica amministrazione nel pagamento.
Le imprese edili marchigiane sono 23.925 il 70,5% artigiane. Sono imprese anziane poichè il 40% ha iniziato l’attività prima degli anni ’90.
Nel settore sono occupati circa 42.000 addetti di cui 40% nelle imprese artigiane.
In cinque anni (gennaio 2009/ottobre 2014) sono scomparse 1.869 imprese e 7.300 occupati; sono aumentati i processi di precarizzazione del lavoro, quello in nero, l’evasione fiscale e contributiva, l’aumento delle imprese irregolari, elusione del durc e incremento delle partite iva.
Assistiamo inoltre ad una forte penetrazione di imprese edili extraregionali nell’aggiudicazione degli appalti pubblici marchigiani. Nel 2013 su 1.250 appalti sono stati 345 quelli vinti da imprese provenienti da fuori regione, in particolare dal Sud.
Noi crediamo che occorrono meccanismi di aggregazione di imprese locali, incentivare i controlli sulla regolarità delle imprese in ingresso e in itinere(applicazioni contratti) e modificare da parte pubblica amministrazione modalità di appalti e capitolati appropriati.
Per invertire questo trend negativo, a nostro avviso, occorre tornare ad investire sulle ristrutturazioni del patrimonio edilizio esistente e sulla riqualificazione energetica degli edifici con forme di agevolazioni dei Comuni.
Una forte opportunità in termini di occupazione e lavoro è rappresentata dalla messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico.
Come detto il rilancio del settore passa inevitabilmente nella messa in sicurezza del territorio.
Negli ultimi mesi il maltempo si è accanito contro la nostra regione che è indifesa ed estremamente fragile.
Le azioni distruttive hanno indotto alla richiesta dello stato di emergenza. Sono stati calcolati danni per 80 milioni di euro.
Secondo dati nazionali tutti i 239 Comuni marchigiani sono a rischio idrogeologico, addirittura le frane si sono moltiplicate. Nel 2004 erano 18 mila quelle censite dal Piano regionale: in dieci anni sono più che raddoppiate, classificando l’area tra le più vulnerabili d'Italia.
Sono a rischio idrogeologico le abitazioni nell’83% dei comuni marchigiani e il 63% fabbricati industriali.
Nelle province di Ancona, Macerata e Pesaro e Urbino il 100% delle amministrazioni comunali sono classificate a rischio. Seguono la provincia di Ascoli Piceno con il 97% e quella di Fermo con il 95%.
Nei 239 comuni marchigiani classificati a rischio con circa 185.000 persone quotidianamente esposte a pericolo.
Purtroppo solo il 62% delle amministrazioni ha effettuato interventi di manutenzione ordinaria sul territorio.
Il nostro è un territorio fragile, con uno sviluppo urbanistico fatto senza regole.
Secondo la protezione civile l’86% dei comuni, ha un piano d'emergenza per fronteggiare situazioni di crisi e il 51% lo hanno aggiornato negli ultimi due anni, cosa importante poiché disporre di piani vecchi è un grave limite in caso di necessità.
Solo il 37% dei comuni si è dotato di sistemi di monitoraggio per l'allerta tempestiva in caso di pericolo di alluvione o frana.
In gran parte dei casi, le situazioni di cattiva gestione del territorio sono legate al periodo 1950/1970, epoca in cui non esistevano ancora strumenti normativi idonei per la programmazione urbanistica.
Occorre chiedere alle istituzioni più coraggio in controlli ed investimenti per potenziare l'attuazione di azioni preventive, utilizzando magari i volontari per un continuo e costante monitoraggio del territorio.
Per questo siamo convinti che intervenire per mettere in sicurezza il territorio e realizzare una corretta politica di manutenzione anche del sistema fluviale regionale, è il modo più efficace per limitare i danni degli eventi calamitosi.
Inoltre questo nostro limite da fragilità, mancanza di manutenzione e messa in sicurezza del territorio potrebbe generare anche tanta buona e sana economia.
E’altresì necessaria una strategia nazionale nella quale la prevenzione e il riassetto idrogeologico potrebbero essere una di quelle grandi opere di cui necessita il nostro Paese.
Una scelta virtuosa che oltre a comportare un risparmio di vite umane e di gravosi costi economici, potrebbe fungere da volano per sviluppo e occupazione.
Secondo un rapporto del Corpo forestale dello Stato, sono oltre 6.600 i comuni (l'82% del totale) in aree ad elevato rischio idrogeologico.
Tra le cause c'è anche "l'azione dell'uomo", con abbandono e degrado, cementificazione, consumo di suolo, abusivismo, disboscamento e incendi.
Ma la causa principale è sicuramente la mancanza di una seria manutenzione ordinaria che è sempre più affidata ad interventi urgenti, spesso emergenziali, e non ad una organica politica di prevenzione".
La prima prevenzione è l'urbanistica con vincoli, salvaguardie su aree a rischio e regole da far rispettare in tutte le Regioni.
Non è più accettabile l'Italia a macchia di leopardo con sciatteria, abusi e costruzioni che sono ostacoli al deflusso di tanti corsi d'acqua che amplificano i disastri. La legge contro il consumo di suolo in discussione in Parlamento dovrà segnare uno spartiacque e l'inizio della buona pianificazione”.
Scuole e ospedali minacciati. Secondo un rapporto Ance-Cresme, il 10% delle scuole è a potenziale rischio (6.400 edifici scolastici), poiché a rischio frana o alluvione.
Lo stesso discorso vale per gli ospedali: 550 strutture si trovano in una zona a rischio e i luoghi di lavoro: 46mila le industrie si trovano in territori a rischio idrogeologico con gli uffici, i negozi e le altre attività saliamo a 460mila.
In dieci anni sono aumentate le concentrazioni di piogge brevi e intense, le cd “bombe d'acqua”.
In questo periodo abbiamo speso per la prevenzione due miliardi di euro; hanno perso la vita 328 persone.
Nel gennaio 2014 in soli 23 giorni si sono registrati 110 episodi in tutto il territorio italiano.
Con i cambiamenti climatici è sempre più urgente investire nella prevenzione.
Negli ultimi venti anni per ogni miliardo stanziato in prevenzione, ne sono stati spesi oltre 2,5 per riparare i danni.
È quindi importante la Manutenzione e presidio del territorio anche di quello montano poiché questa difesa è un’opportunità di valorizzazione e sviluppo nelle aree marginali interne.
Occorrono tecniche innovative e di ingegneria naturalistica, impiegando cooperative e imprese locali.
Infine si ricorda che la proposta di legge sul riordino delle province, approvata recentemente nelle Marche, prevede che alcune le funzioni “non fondamentali” vengano trasferite alla Regione tra queste la viabilità, la difesa del suolo e l’edilizia residenziale pubblica.
Funzioni importanti per il rilancio del settore edile.